L’ANALISI: per fondi liquidità ed obbligazionari governativi area euro è prossima una perdita certa
Spread BTP a quota 100 e BOT semestrali allo 0,09% sono campane a “morto” per i gestori
Lo spread BTP-Bund sulla scadenza decennale è sceso, durante le contrattazioni di venerdì scorso, sotto la soglia psicologica dei 100 punti base, per la prima volta da aprile/maggio 2010, raggiungendo così un differenziale analogo a quello di inizio crisi greca, ovvero quando allora come oggi si riunivano in emergenza i vari ministri delle finanze dell’area euro per trovare una soluzione a quello che poi è diventato l’annoso problema del debito greco ed a seguire dei famigerati PIIGS.
Una contrazione che non ha solo ridotto la distanza relativa tra i tassi tedeschi e quelli italiani ma anche il valore assoluto dei rendimenti dei titoli, in quanto si è passati da tassi pre crisi greca del 4% sui BTP e del 3% sui Bund a 10 anni, al minimo storico del 1,33% e dello 0,33%, seppur con i picchi italiani al 7,25% di fine 2011.
SCOMMESSE ALL’INCASSO
Con il senno del poi è sempre facile rileggere ed interpretare la storia e dunque come ormai noto a tutti, il vero motore di questa prodigiosa compressione è solo riconducibile alla BCE e a ben vedere, per quanto riguarda il trend discendente italiano, il tutto parte proprio dal maxi prestito triennale di oltre 1.000 miliardi concesso alle banche nelle due tranche del 22/12/11 e del 29/02/12 da parte dell’Eurotower ed a tassi del 1%. Finanziamenti che hanno consentito al sistema bancario di lucrare forti plusvalenze su tassi che allora toccarono quasi il 7% sui BOT e che a distanza di soli 3 anni sono invece giunti a rendimenti dello 0,09% per il semestrale e dello 0,21% per i CTZ a due anni. E’ però evidente nello stesso concetto di prestito che vi sia la necessità della sua restituzione e quindi non sarà forse un caso se, proprio ora ed a partire dal mese di marzo, la BCE abbia deciso di avviare il famigerato QE da 60 miliardi al mese, visto e considerato che non tutti lo hanno ancora restituito integralmente. Un’operazione di monetizzazione che dai media è spesso rappresentata come la panacea per la ripresa economica ma che nella realtà appare più come un’ancora di salvezza per situazioni debitorie insostenibili in vari paesi, nonché un modo per garantire l’incasso delle plusvalenze alle ultime banche ritardatarie. Si dice che a pensar male a volte si fa peccato ma che spesso ci si azzecca, perciò potrebbe essere il caso anche per i risparmiatori di pensare se sia il caso di portare a casa le scommesse finora tenute su BTP e dintorni.
QUALI IMPICAZIONI
Per il comune risparmiatore è difficile governare le proprie emozioni e come insegna la finanza comportamentale, spesso agisce in modo contrario al più banale concetto del “comprare basso e vendere alto”. Un’ovvietà che però periodicamente si ripete e che nel 2011/12 non vedeva i piccoli risparmiatori compratori di BTP (a differenza delle banche) mentre oggi li vede frequentemente impegnati nell’acquisto di titoli di Stato anche a lunghissima scadenza o per il tramite di fondi obbligazionari, al fine di ricercare un cedola elevata (solo nominalmente) o nel rincorrere i rendimenti passati dei fondi (essendo passati non vuol dire futuri) e ciò nonostante l’ormai irrisorio rendimento effettivo e reale implicito nei prezzi correnti di molti titoli. Osservando infatti l’estesa tabella allegata ed elaborata sui dati forniti gratuitamente dal sito www.rendimentobtp.it, appare evidente che non vi sia più rendimento su molte scadenze ed ancor più importante, non vi è più un premio adeguato al rischio corso nel comprarli ora, ovvero in una fase in cui i rendimenti sono ai minimi assoluti ed i prezzi ai massimi storici. Il focus del risparmiatore deve perciò essere sul rischio implicito nei prezzi, al muoversi dei tassi anche di un solo punto, per non dire due o tre, in quanto questa era la situazione solo 12 mesi fa, quando Renzi andava al governo o 18 mesi prima quando nell’estate 2013 volava dalla Merkel in qualità di sindaco di Firenze e poi si avviava alla vittoria delle primarie PD.
UN RISCHIO DA 10 A 1
Davanti a tassi negativi anche il più sprovveduto dei risparmiatori dubita nell’acquisto di tali titoli o quantomeno valuta se ha senso comprarli, essendo lampante un premio negativo (rendimento a scadenza) rispetto al rischio corso (detenzione del debito italiano e inflazione) mentre riflette assai meno se i tassi sono ancora positivi o peggio se nominalmente elevati ed acquista spesso con leggerezza BTP pluriennali, esponendosi così ad una possibile discesa dei prezzi pari a 10 e più volte il tasso effettivo attuale. Una scelta d’investimento che implica il rischio di sonore bastonate se, per qualsivoglia motivo, ritornasse anche una minima tensione sul debito. Un problema però che non riguarda solo l’investimento in obbligazioni governative italiane ma che è estendibile all’intero debito europeo e non solo. Infatti e dopo solo 36 mesi dall’ultima asta LTRO si è giunti a tassi incredibilmente bassi ed in tutta l’eurozona, con la Germania a tassi negativi per quasi il 70% dei suoi titoli e la sola Lituania e Grecia ancora positivi su tutte le scadenze.
IL PERICOLO NEI FONDI
Il più accanito acquirente di BTP nutrirà ora qualche legittimo dubbio, semmai avvalorato dal proprio interlocutore di fiducia negli investimenti (avvertenza rivolta spesso e solo ai BTP) ma difficilmente valuterà quello più subdolo e certamente non segnalato dal proprio bancario o promotore finanziario ed inerente il concreto pericolo di perdita, insito nella sottoscrizione di fondi obbligazionari e monetari, per non dire poi high yield, corporate, diversificati o flessibili area euro e di cui spesso, in questi ultimi, è ignorato anche il reale contenuto finanziario. Soffermandosi per semplicità solo sui fondi monetari o di liquidità ed obbligazionari governativi area euro, appare evidente che se l’investimento è nei titoli pocanzi descritti allora non c’è solo il medesimo problema ma pure un’altra e certa penalizzazione dovuta ai costi di gestione. Una spesa che da ora in avanti è una matematica certezza di rendimento negativo, essendo i tassi fino a 4/5 anni non in grado di sopperire a tali uscite. Osservando la tabella calcolata sui costi ricorrenti minimi e massimi dei fondi presenti nelle varie categorie riportate su www.morningstar.it, è quantomeno imbarazzante sostenere la tesi per cui oggi convenga investire in tali strumenti e non sia da preferire il conto corrente, a maggior ragione nell’attuale fase di deflazione.
E’ MENO PEGGIO IL C/C
L’industria della vendita del risparmio gestito “aborrirà” una tale affermazione e condirà il tutto di fini ragionamenti pur di convincere lo sprovveduto risparmiatore a comprare o a detenere tali strumenti o peggio ancora lo dirotterà sempre più su strumenti opachi e maggiormente rischiosi, nell’illusoria ricerca dei rendimenti perduti. Nell’attuale contesto è però da privilegiare il vecchio motto “cash is king”, essendo la liquidità certa ed a vista un bene di gran lunga preferibile e più fruibile di quello che ormai è sempre più un “cash for trash”, ovvero liquidità destinata a titoli “spazzatura” o quantomeno sempre più rischiosi, illiquidi e difficilmente valutabili o in strategie gestionali che ormai rasentano quella dei tristemente noti e non più tanto remunerativi hedge funds. Il pasto gratis in finanza non esiste e le illusioni vendute a piene mani da un settore che non può e non vuole fermare la lucrativa giostra, lascerà ad un certo punto un cerino in mano a tanti risparmiatori o peggio ancora brucerà molta ricchezza, nell’esasperata ricerca di un rendimento in grado di giustificarne un tale business. Un contesto che per molti aspetti ricorda quanto vissuto nel 1998-99 e fino al marzo 2000, ovvero quando le banche, complice la discesa dei tassi per l’entrata nell’euro e l’euforia azionaria legata all’illusione delle aziende internet, trasferirono i dossier amministrati dei piccoli risparmiatori prima sui fondi obbligazionari e poi, dopo le prime perdite obbligazionarie, li traghettarono a dosi crescenti sull’azionario. Sappiamo però tutti come andò a finire ma come sempre si sentirà dire “questa volta è diverso”.
1 comment for “Ai tassi attuali meglio il conto corrente che il ‘cash for trash’”
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