Analisi mensile dei mercati obbligazionari – agosto

I portafogli degli investitori italiani hanno una elevata esposizione all’obbligazionario, che è in grado di offrire interessanti opportunità, in particolare per chi ricerca fonti di reddito. Al contempo non tutti i segmenti obbligazionari offrono un profilo rischio-rendimento ugualmente efficiente ed anche in questa asset class è importante essere selettivi. Speriamo dunque che questo aggiornamento mensile, sui movimenti delle principali categorie obbligazionarie e sulle view di Fidelity possa essere utile per la costruzione dei portafogli e per la gestione della relazione con i clienti.

Contesto macroeconomico e tassi

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Fonte: Fidelity International, Bloomberg, 30 giugno 2016. I rendimenti al rimborso sono basati sui titoli di Stato decennali di Germania, Stati Uniti, Regno Unito e Giappone, sugli indici JPM (EMBI Global, CEMBI Composite, GBI EM GD), l’indice S&P/LSTA U.S. Leveraged Loan 100 B/BB Rating e gli indici obbligazionari BofA Merrill Lynch (USD 3m Deposit Rate L315, EUR 3m Deposit Rate L3EC, GBP 3m Deposit Rate L3BP, JPY 3m Deposit Rate L3JY, US TIPS All Mats G0QI, Euro All Mats I/L EZJI, UK I/L All Mats G0LI, US Corp Master C0A0, Euro Corp ER00, Sterling Corp Collateral UC00, Asia Dollar Bond IG Corp ACIG, Global Hybrids Index G0EC, Contingent Capital COCO, US HY Master II H0A0, Global HY European Issuers Constrained HQ0C, ACCY 20% Lvl4 Cap 3% Constr Q490, Dim Sum Broad Market CNHJ); rendimenti minimi per gli indici high yield. L’universo dei titoli ibridi è rappresentato per il 50% dall’indice G0EC e per il 50% dall’indice COCO. Per le obbligazioni indicizzate all’inflazione sono indicati i rendimenti reali. Le performance passate non sono indicative di risultati futuri.

Outlook
Un mese dopo il referendum sull’UE nel Regno Unito, gli asset più dinamici hanno notevolmente recuperato, sulla scia di una riconsolidata ricerca di rendimento. Le banche centrali hanno contribuito al rimbalzo ribadendo una posizione accomodante, in grado di mantenere bassi i rendimenti ed elevata la propensione per il reddito.

Stiamo cominciando a osservare una graduale transizione verso una politica fiscale più flessibile, mentre la diminuzione dei vantaggi marginali dell’allentamento monetario si fa più evidente. Pur non potendo escludere un sostegno fiscale più accentuato alla crescita economica, la flessibilità di bilancio del governo limita il margine di manovra. Pertanto la politica monetaria rimane, almeno nell’immediato futuro, il principale strumento di sostegno dell’attività economica e il fattore di traino essenziale per i prezzi degli asset. Per i titoli di Stato e, più in generale, per gli asset fonte di reddito, questo si traduce in un andamento asimmetrico dei prezzi, con un eventuale aumento dei rendimenti che rispecchia la domanda costante da parte di banche centrali e investitori orientati al reddito.

Negli Stati Uniti, la Federal Reserve ha mantenuto aperte le sue opzioni alla riunione di luglio per quanto riguarda i futuri aumenti dei tassi, dovendo bilanciare una forte domanda interna e crescenti pressioni salariali con una ridotta crescita degli investimenti e un contesto globale incerto. Come accennato negli ultimi interventi della Fed, il Comitato mantiene un approccio prudente, prendendo tempo per valutare i nuovi dati diffusi e cercando di evitare un rialzo del Dollaro che sarebbe sgradito al settore corporate statunitense. Le elezioni di novembre negli USA rappresentano tuttavia un’altra potenziale fonte di volatilità. Mentre la nostra opinione sulla Fed è favorevole alla duration negli Stati Uniti, restiamo neutrali poiché il mercato ha già scontato uno scenario di aumenti dei tassi molto graduali nel prossimo futuro.

Gli ultimi dati diffusi mostrano un impatto marginale del referendum sulla Brexit sull’attività economica dell’Eurozona. La BCE rimane completamente assorbita dai mercati dei titoli di Stato europei, con una previsione dell’offerta netta negativa considerando gli acquisti effettuati. La banca centrale dovrà presto rivedere i limiti del PSPP (il programma di acquisto nel settore pubblico) per affrontare il problema della scarsità di obbligazioni. Molte opzioni sono percorribili, tra cui la riduzione o eliminazione del limite minimo del tasso di deposito, ora a -40 pb, l’aumento del limite di emissione, attualmente al 33%, e una modifica dei limiti dello schema di capitale. La buona tenuta dell’economia dell’Eurozona rispetto alle attese relative a un ulteriore allentamento nel mese di settembre lascia un certo margine per la delusione. A nostro avviso ciò peserebbe più sui titoli di Stato principali che sul debito dei Paesi periferici.

Il CPM (Comitato di Politica Monetaria) della Banca d’Inghilterra ha introdotto una solida serie di misure nel corso della riunione di agosto, tagliando i tassi di 25 pb allo 0,25% e annunciando una riapertura del programma di QE e un nuovo programma di acquisto di obbligazioni corporate. Complessivamente, intende acquistare 60 miliardi di GBP di Gilt e 10 miliardi di GBP di obbligazioni corporate investment grade non finanziarie. Ha anche annunciato un programma di prestiti alle banche in GBP da 100 miliardi, simile al programma LTRO della BCE. Il governatore Carney ha dichiarato che tutte le misure potrebbero essere incrementate e i tassi ulteriormente tagliati, se necessario, anche se ha sottolineato che già sono vicini allo zero. La Banca ha scelto di sostenere la crescita a discapito di un’inflazione più elevata, che potrebbe registrare un’impennata e richiedere più tempo per rientrare nel valore target. Data l’ampiezza delle misure annunciate, i Gilt potrebbero sovraperformare nel breve termine, ma il nostro posizionamento a riguardo rimane all’insegna della prudenza. La curva dei Gilt è già estremamente piatta e i rendimenti si troveranno ad affrontare una pressione al rialzo dovuta a un aumento dell’inflazione e a un incremento dell’offerta, viste le sfide fiscali che attendono il Governo in futuro. Manteniamo dunque una posizione di sottopeso e ravvisiamo opportunità migliori nelle obbligazioni indicizzate all’inflazione e nel credito GBP.

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Fonte: Fidelity International, Bloomberg, 5 agosto 2016
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Fonte: Fidelity International, BCE, J.P. Morgan, 4 luglio 2016

Obbligazioni indicizzate all’inflazione

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Outlook
Le obbligazioni indicizzate all’inflazione hanno reagito piuttosto bene alla volatilità generata dal voto post-Brexit, complice il rapido rimbalzo della propensione al rischio successivo al referendum.

A circa l’1,5%, i breakeven statunitensi a 10 anni restano strutturalmente a buon mercato, e rappresentano un modo migliore per ottenere un’esposizione alla duration negli Stati Uniti rispetto alle loro controparti nominali. I TIPS, tuttavia, continuano a mostrare un beta elevato rispetto agli asset rischiosi, anche se la loro correlazione alle materie prime è scesa leggermente nelle ultime settimane. Nel breve periodo, questo implica una maggiore volatilità mark-to-market, che potrebbe non essere interessante per tutti gli investitori. I flussi danno prova di una buona tenuta e il costante inasprimento delle condizioni del mercato del lavoro negli Stati Uniti si conferma quale prova della protezione dall’inflazione offerta dal Paese.

In Europa finora i segnali di una ricaduta negativa derivante dal risultato del referendum nel Regno Unito sono piuttosto deboli. Nonostante il recupero dai minimi di luglio, i tassi di breakeven europei rimangono molto lontani dall’obiettivo della BCE, con i breakeven tedeschi a 10 anni che si attestano a soli 80 pb. Il credito bancario continua a migliorare gradualmente e la posizione di Francoforte rimarrà accomodante nel prossimo futuro, rendendo interessante il rischio-rendimento sugli asset indicizzati all’inflazione europei ai livelli attuali rispetto a quello delle loro controparti nominali.

L’indebolimento della sterlina ha sostenuto le obbligazioni indicizzate all’inflazione del Regno Unito, poiché il coefficiente di trasmissione del cambio all’inflazione importata è stato rapidamente scontato dal mercato. Il taglio del tasso della Bank of England e l’annuncio di un programma di QE mostra un impegno a sostenere la crescita economica a scapito dell’inflazione, per la quale potrebbe consentire una temporanea impennata. In questo contesto, le obbligazioni in GBP indicizzate all’inflazione dovrebbero rimanere ben supportate e sovraperformare le controparti nominali. L’effetto di un taglio dei tassi sull’RPI (l’indice dei prezzi al dettaglio) del Regno Unito, tuttavia, non è evidente a nostro avviso. Se da un lato la pressione al ribasso sulla sterlina continuerà a sostenere i prezzi dei beni di scambio, un tasso di base inferiore ridurrà anche il pagamento degli interessi dei mutui che fanno parte del paniere RPI del Paese. Il mercato ha già ampiamente scontato un rimbalzo dell’inflazione britannica, con le obbligazioni indicizzate all’inflazione che si sono rivelate una delle asset class dalle performance migliori nel reddito fisso da inizio anno. Pur mantenendo la nostra predilezione sulle obbligazioni indicizzate all’inflazione in GBP ai Gilt nominali, ravvisando potenziale per un ulteriore ampliamento dei breakeven, manteniamo tuttavia una posizione neutrale sull’asset class, preferendo allocare il capitale in altre aree del mercato dell’inflazione in cui troviamo un rischio-rendimento più interessante.

Mentre il Giappone cerca di contrastare le forze deflazionistiche, ne emergono i limiti della politica monetaria e l’incapacità di innescare una ripresa dell’inflazione. Nel corso della riunione di luglio, infatti, il governatore della BoJ Kuroda ha imposto una revisione globale del programma di incentivi, da discutere nel mese di settembre. La maggior parte degli operatori di mercato si aspetta che la banca centrale del Sol Levante aumenti ulteriormente il suo programma di QE, potenzialmente in associazione con ulteriori incentivi fiscali da parte del Governo. L’incertezza prevale e non vi è spazio per ulteriori delusioni, che potrebbero ulteriormente pesare sull’inflazione giapponese e sugli asset indicizzati all’inflazione.

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Fonte: Fidelity International, 3 agosto 2016
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Fonte: Fidelity International, Bloomberg, 29 luglio 2016

Credito investment grade