Perché l’Inghilterra, pur effettuando il 50% dei suoi scambi commerciali con l’Europa, è rimasta fuori dall’Euro? Per diverse ragioni; non ultima quella di poter avere una politica monetaria indipendente.Se negli ultimi anni gli Stati Uniti, l’Inghilterra ed il Giappone hanno attivato programmi di Quantitative Easing (hanno stampato moneta) per favorire la ripresa, è perché tutti e tre i paesi avevano una banca centrale che poteva fare ciò.
Anche l’attenzione della nostra Banca Centrale Europea dovrebbe andare alla crescita, e non solo alla stabilità dei prezzi.
L’obiettivo della BCE è, invece, la lotta all’inflazione.
Dall’estate del 2007 al marzo del 2008, la FED ha abbassato i tassi di 3 punti percentuali, mentre la nostra BCE ha mantenuto invariati i tassi al 4%, crisi in corso o meno.
Ma anche dopo l’11 Settembre 2011 e nel periodo dal 2004 al 2006, si confermò la discrasia sulle opposte priorità, che si prefiggono i due istituti.
Il rialzo dei tassi di un punto percentuale ha il massimo effetto sulla crescita dopo due anni e il massimo effetto sui prezzi dopo quattro anni. In una politica espansiva il prezzo da pagare (l’inflazione), viene quindi dopo il beneficio (la maggiore crescita).
Ora, il nuovo capo della BCE Mario Draghi insediatosi il 1° Novembre, ha già applicato due riduzioni di tassi di 0,25 Pb; forse perchè è più occidentale del suo predecessore e comunque c’è una condotta più aggressiva che in passato.
Ma perché ci sono state queste differenze di comportamento tra la FED e la BCE?
Il sistema finanziario americano è Market Oriented; gli impulsi di politica monetaria si propagano all’economia reale per tramite dei mercati finanziari e le banche svolgono un ruolo di primo piano nel finanziamento delle attività produttive attraverso il credito.
La FED e’ composta dal Board of Governos: 7 membri nominati dal Presidente degli Stati Uniti e confermati dal Senato, scelti in modo da rappresentare con equilibrio i diversi interessi (finanziari, agricoli, industriali e commerciali) nonché le componenti regionali dei paesi.
Le funzioni sono: analisi dell’andamento dell’economia statunitense ed internazionale, decisioni in merito alla conduzione della politica monetaria della FED, supervisione delle istituzioni finanziarie, supervisione del sistema di pagamenti statunitensi.
La sezione A2 del Federal Riserve Act dice: “Il Board of Governors del Federal Riserve System e il Federal Open Market Committee manterranno una crescita di lungo periodo degli aggregati monetari e creditizi adeguata al potenziale di lungo periodo dell’economia per aumentare la produzione, così da promuovere efficacemente gli obiettivi della massima occupazione, stabilità dei prezzi e mantenimento dei tassi di interesse a lungo termine moderati”.
La FED, ha un ruolo attivo nella tutela dei risparmiatori e non si è imposta un vincolo di inflazione (Inflation Target), questo le consente di gestire i suoi propositi in maniera meno vincolante potendo adattarsi ai cicli economici.
Diciamo che, mentre a Francoforte c’è la finalità di tenere l’inflazione al di sotto, ma vicino al due per cento nel lungo periodo, a Washington si guarda ad un particolare indice dei prezzi, il PCE, e si cerca di mantenerlo in una zona di conforto.
La FED, tramite l’Emergency Credit ha la facoltà di concedere finanziamenti anche alle imprese, la BCE no.
Riassumendo, la FED dice (per voce dei suoi ultimi due Presidenti), che la stabilità dei prezzi è una condizione strumentale per ottenere, sia la crescita stabile (cioè massima occupazione), che i tassi moderati.
La BCE, al contrario, persegue il mantenimento della stabilità dei prezzi; la crescita e l’occupazione sono in subordine.
C’è chi dice, che questa visione sia stata ereditata dalla Bundesbank, la vecchia Banca Centrale tedesca.
E’ pur vero che il Trattato di Maastricht, a confronto con gli scopi della FED, sembra quasi punitivo: la crescita viene solo dopo, in subordine, alla stabilità dei prezzi su cui i banchieri centrali si concentrano quasi ossessivamente.
I due approcci di politica monetaria sono quindi distanti, ma non significa che uno sia migliore dell’altro.
I sostenitori del sistema finanziario europeo ritengono, che le differenze siano sulle economie e non sulle banche centrali; i salari europei sono più rigidi di quelli americani e quindi, il rischio inflazione esiste di più da noi, che nel nuovo continente.
Dicono, che gli effetti sull’inflazione di un rialzo dei tassi siano più rapidi negli Usa, che in Europa; quindi è più facile per la FED mettere fine ad una stretta ed aprire una fase nuova, di quanto possa fare la BCE.
Nell’area USA poi, c’è un andamento della politica monetaria legata a variabili domestiche; l’area Euro, invece, è dipendente dall’andamento delle variabili statunitensi.
Tuttavia, noi crediamo, che l’approccio della FED sia il più appropriato e queste critiche agli americani siano datate, perché la globalizzazione ha cambiato sia l’America che l’Europa.
La conferma è data, non solo dai recenti abbassamenti dei tassi fatti della nuova gestione della BCE, ma anche dal programma Long Term Financing Operations (in sigla LTRO, ovvero 489 miliardi dati alle banche per tre anni al tasso dell’1%) ideato sempre da Draghi, solo pochi giorni fa.
Il che è molto simile alle operazioni POMO (Permanent Open Market Operations), e cioè il programma della FED per riacquistare i Bond dalle banche.
Due mesi intensi per il nuovo Presidente italiano della BCE; e ora inizia il 2012, che nel calendario cinese è l’anno del Drago.