
La Banca d’Italia nel suo ultimo bollettino statistico sulla ricchezza delle famiglie italiane, stima a fine del 2011 una ricchezza netta pari a circa 8.619 miliardi di euro, corrispondenti a poco più di 140 mila euro pro capite e 350 mila euro in media per famiglia. Un cifra davvero ragguardevole e che spesso è da molti enfatizzata come la vera ed unica tutela per il nostro paese dalla speculazione internazionale e da quell’enorme massa di debito pubblico che ha da poco superato i 2.000 miliardi e che ognuno di noi ha sulle spalle per un importo pro capite superiore a 33.000 euro.
Certamente avere un grande debito compensato da cotanta ricchezza non dovrebbe allarmarci eccessivamente ma se poi andiamo oltre ed analizziamo alcune tabelle dell’analisi di Banca d’Italia, è possibile fare qualche ulteriore riflessione, semmai anche leggermente fuori dal coro.
FOCUS ERRATO
Molti mezzi d’informazione hanno in questi giorni focalizzato l’attenzione prevalentemente su un solo dato estrapolato dal bollettino di via Nazionale, ovvero sull’elevata concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi. Seppur mediaticamente interessante, non appare una novità, perché se pur vero che quasi il 50% della ricchezza è in mano al 10% delle famiglie più ricche e meno del 10% della ricchezza è detenuta da metà delle famiglie italiane è però altrettanto noto che tale dato è così da molto tempo. All’inizio degli anni 2000, il 10% delle famiglie più ricche detenevano il 47,5% mentre il 50% detenevano solo il 9,6%. E’ perciò cambiato realmente qualcosa ?
NON CHI MA COME
Un vero e più interessante cambiamento non appare dunque nella distribuzione di chi detiene la ricchezza, bensì sul come sia così crescita, passando da poco più di 4.000 miliardi ad oltre 8.600 nel giro di 15 anni. Com’è stato possibile con l’anemico PIL italiano e la non eclatante cresciuta del reddito? Dall’analisi emerge che tra il 1995 ed il 2011 il risparmio delle famiglie ha contribuito a calmierare fortemente la diminuzione di ricchezza generata dal 2000 in seguito alle perdite in attività finanziarie ma questo non è stato sufficiente ad innalzare in modo così sensibile la ricchezza totale, in quanto è costante la flessione della capacità di risparmio, passata da poco meno del 2% della ricchezza totale a fine anni ’90, a poco più dello 0,5% attuale.
UN SOLO FATTORE

L’autore della rubrica – “Risparmio, i conti in tasca” pubblicata su www.lanuovaprimapagina.it , è a cura del nostro consulente RUBENS LIGABUE, professionista certificato EFA – European Financial Advisor, associato SIAT – Società Italiana Analisi Tecnica, iscritto all’Albo Unico Nazionale dei Promotori Finanziari.
Per domande e chiarimenti potete scrivere a: rubens.ligabue@gmail.com
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