Secondo i dati di Confcommercio dal 1990 ad oggi la capacità di risparmio delle famiglie è scesa da 4000 a 1700 euro annui, dal 23 al 9% del reddito familiare. Siamo stati sorpassati dai tedeschi e anche dai francesi, seppur di poco, mentre gli inglesi continuano ad essere le cicale d’Europa. Le cause sono diverse: in primo luogo i redditi da lavoro dipendente sono addirittura scesi rispetto a quindici anni fa in termini di potere d’acquisto, per l’effetto euro e perché la produttività italiana è ferma al 1995, mentre quella di Germania ed Usa è cresciuta di quasi il 40%, se a ciò si aggiunge la bassa crescita economica è evidente che accantonare il 9% è già molto.Inoltre una popolazione che invecchia tende a risparmiare meno ed a spendere di più in cure, farmaci ed assistenza ed i giovani, che sono sempre meno, sono vincolati a salari da 1000 euro che consentono ben poche speranze di risparmio. Cambiano anche i consumi, aumentano le spese per la tecnologia, in particolare i telefonini più 358% del ’95 ed i farmaci, non solo perché siamo più vecchi, ma anche stressati e patofobici; salgono le spese per la cura individuale, non sempre legata al relax ed al desiderio di conoscere, ma compulsiva e compensativa di vite sempre meno in armonia, come altrimenti spiegare la spesa per cure estetiche.
Secondo Federdistribuzione da gennaio a marzo di quest’anno, esclusa la Pasqua, comunque assai magra, i consumi alimentari sono scesi in termini reali di uno 0,30%, mentre gli altri comparti registrano cali del 3-4- 7%. Salgono gli acquisti nei discount +4,5%, tengono i supermercati +1,5%, crolla il consumo di carburanti -10%, sale l’e-commerce +20%. Scendono ovviamente gli acquisti di frutta e pesce -4%. Sale l’acquisto di pasta +5% e leggermente le carni rosse, non certamente la loro qualità, bene il caffè, sempre più consumato in casa e sempre meno al bar. Acquistiamo sempre meno libri e giornali e ciò è un male in un Paese già povero di lettori.
A volte un giornale ed un libro potrebbero migliorare la qualità della nostra vita più di un farmaco e costando meno. Purtroppo la lettura è il contrario della compulsività a cui ci ha abituato l’idea che i consumi siano il motore dell’economia e della felicità. Il problema è che i consumi non servono per vivere, determinano la nostra identità, così come il telefono non serve per comunicare, ormai è strumento di lavoro, studio e vita. E’ una felicità effimera che dura il tempo di un debito, un’estate, come per il canto delle cicale. In questi anni le abitazioni sono cresciute di valore ed in esse è investita il 70% della ricchezza delle famiglie, otto su dieci ne posseggono una, ma mentre una volta la ricchezza era data dal reddito ed in parte minore dalla rendita finanziaria e dalla casa, oggi questo bene è prevalente ed è anche la garanzia per l’indebitamento, in aumento. Solo che le case hanno terminato la loro rivalutazione.
Il patrimonio immobiliare rischia senza rivalutazione, di essere un costo, la casa dove vivi o che non produce reddito è fonte di spese per tasse e manutenzioni. Il combinato disposto dell’eccesso di costruito con la necessità di vendere per creare liquidità, stanno determinando la stasi o l’arretramento dei prezzi, la perdita di valore, diminuendo la garanzia, determina una minor capacità di indebitamento.
Se il potere d’acquisto rimane fermo, esiste solo la strada delle famiglie americane ed inglesi che sono indebitate oltre il 100% del Pil, od il ritorno ad una diversa qualità della vita, più sostenibile non solo economicamente. Nessun paese può pensare di vivere di rendita all’infinito, anche perché la ricchezza, come i polli di Trilussa, non è distribuita equamente, ad un Nord più ricco fa da contrappunto un Sud al livello del Portogallo. Inoltre il 10% della popolazione detiene quasi il 50% della ricchezza. La decrescita dei consumi non necessariamente è un male, può essere anche un’opportunità, se accompagnata al dimagrimento della spesa corrente dello Stato ed all’aumento della produttività.
La decrescita impone anche il ripensamento dello stato sociale, con lo spostamento di risorse a sostegno della famiglia, infatti tutto rischia di essere inutile se non si inverte il trend demografico. Quale futuro si può ipotizzare, se, come accade in Liguria, le badanti sono più dei metalmeccanici ed i matrimoni tra anziani e donne dell’est Europa superano quelli fra i giovani?
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