Nelle risorse umane sono tutti fenomeni. Oddio, già se sei italiano, lavori in un’azienda con un minimo di brand e la tua divisione magari si dà un nome inglese, di solito te la meni alla grande. Poco importa se di stipendio prendi sempre quei mille e rotti, coi quali non hai ancora recuperato un terzo dei soldi spesi sul masterino necessario ad aprirti le porte, se alla fine fai scartoffie da mattina a sera, il punto è che sei sempre un manager, sei nel giro di quelli avanti, che hanno policies, compensation, developement, e tutti gli altri sono mezze cartucce. Nelle risorse umane, anzi HR, il tutto è potenziato. Sembra che ci sia un’iperselezione, gente che ti rivolta come un calzino, behavioral interviews, sistemi infallibili di controllo.Peccato che i conti poi a livello pratico non tornino. Il mio approccio alle risorse umane è piuttosto semplice: a) la natura umana ha delle fallacie insite b) i sistemi vanno disegnati per arginarle c) la selezione è il momento chiave di ogni processo aziendale, ossia gente brava= azienda vincente, gente da poco= azienda da poco. Allora qualcosa tocca se mi rendo conto, ad esempio, che una grande azienda internazionale è: a) piena di gnocca b) reclutata sull’area territoriale dell’headquarter. Se incrociamo questi due criteri, qual è la probabilità che nel sottoinsieme anche l’incidenza dell’intelligenza sia alta? O meglio, sia così sopra la media da creare vantaggio competitivo?
Un amico mi dice: “di solito fanno la prima intervista panel con tre selezionatrici esterne”. Gli rispondo: “sì ma se poi l’hiring manager vuole solo trombare, sono soldi buttati!”.
Se torniamo al punto “a”, ossia la fallacia della natura umana, mi domando ancora come aziende piene di geni dell’HR non siano state capaci di congegnare policies (punto “b”) per evitare al funzionarietto di turno di farsi trascinare il raziocinio verso il cavallo dei pantaloni. Ad esempio qualcuno mi deve spiegare come con tutti questi master, esperienze all’estero, ruoli da specialist, corporate, generalist & co., una multinazionale da oltre 100.000 dipendenti tra quelle leader nei servizi, voglia reclutare a tutti i costi una neolaureata in economia a Parma, con 92 di voto, preferendola alle compagne di corso da 110, a tempo indeterminato, lasciando svolgere l’intervista al suo futuro capufficio, “trentenne, figo, abbronzato e di ritorno dalle Maldive”, secondo la descrizione della candidata. Inutile specificare le qualità della candidata.
Questo non vale solo per le nostre aziende, accade anche a Londra, Amsterdam o Atene. La mia opinione? Ci siamo bevuti il cervello. Siamo (europei) un mondo in declino, vecchio, che tira a spartirsi (chi può) quel poco che resta (gnocca compresa). Ci teniamo all’immagine, facciamo un sacco di fumo, mentre altrove (Cina, India, Sud America) fanno l’arrosto.
Un po’ di buon senso, anzi, senso pratico in questa situazione servirebbe più dei curricula o un paio di cosce e andrebbe cacciato come il tartufo. Ma mettete giù le voglie: non vi procurerà nessuna… job interview.