Più vendo e più faccio del bene, il modello Toms fa scuola nel mondo

toms Parla Blake Mycoskie, l’imprenditore sociale che regala un paio di scarpe per ognuno che vende. Un fenomeno negli Usa seguito da star e imprenditori

Compri un paio di scarpe e hai la certezza che un altro paio sarà regalato a bambini in difficoltà nei Paesi poveri del mondo. È con questa formula, così semplice, chiamata One for One, che sta crescendo nel mondo un’azienda di calzature, la Toms, e con essa un modello aziendale chiamato “pro-business”. Oggi è utilizzato da almeno una ventina di realtà statunitensi. A idearlo, nove anni fa, è stato Blake Mycoskie, allora giovanissimo startupper seriale, nato in Texas ma cresciuto professionalmente in California, la patria dell’innovazione tecnologica e di processo. Attualmente ha 37 anni ed è a capo di una società con 500 dipendenti, 35 miloni di scarpe già donate (in Argentina, Etiopia, Guatemala, Haiti, Rwanda, Sudafrica e Stati Uniti) e una reputazione invidiabile di imprenditore geniale. La sua impresa è stata nominata dalla testata americana Fast Company tra le 10 aziende top per innovazione e Mycoskie è stato citato da Fortune nella lista dei “40 under 40” che raggrupa gli imprenditori di successo più innovativi al mondo. Ciliegina sulla torta, è stato premiato da Hilary Clinton con il “Next Generation Award” della Harvard T.H. Chan School of Public Health ed è stato da Bain Capital che poi ha acquisito e finanziato il 50 % dell’azienda. L’abbiamo incontrato in un hotel di Milano, durante un tour europeo che tocca Londra, Berlino, Parigi, Stoccolma.

 

Signor Mycoskie, come si definisce: un produttore di scarpe, uno stilista, un filantropo?

«Mi identifico con la figura di un imprenditore che usa il business per migliorare la vita, non solo per il profitto»

Mi piace usare la definizione di “imprenditore sociale” (social entrepreneur, ndr). Io in passato sono stato un imprenditore puro, ho fondato cinque società. Ma quando ho fondato Toms, lo scopo è stato di tipo sociale, non solo per fare profitto. Abbiamo guardato la “Triple Bottom Line”, ossia il profitto, la gente e il pianeta (profit, people, planet, ndr), e mi sono identificato davvero molto con la figura di un imprenditore che usa il business per migliorare la vita, non solo per il profitto.

Come si vede tra cinque anni?

Noi vogliamo innanzitutto consolidarci come un bel marchio di scarpe. Oggi ne vendiamo diversi tipi e aiutiamo i bambini donando loro un paio di scarpe per ognuno di quelli che vendiamo. Ma penso che tra cinque anni faremo anche molti altri prodotti. Produciamo già occhiali e borse e anche questi prodotti aiutano le persone quando vengono comprati. Penso quindi che tra cinque anni avremo molte altre linee di prodotti, ma non abbiamo ancora annunci da fare a questo proposito.

Altri imprenditori hanno seguito il suo esempio e imitato il vostro modello di business basato sulle donazioni in cambio di acquisti?

«Molti imprenditori in varie attività hanno cominciato a vedere il business anche come un modo per donare»

Sì, molti imprenditori in varie attività hanno cominciato a vedere il business anche come un modo per donare. C’è una società chiamata “Feed” (nutrire, ndr), che procura dei pasti (finora circa 86 milioni, ndr) ai bambini per ogni borsa che vende. C’è un’azienda chiamata “Listen” (ascoltare, ndr), che dona degli apparecchi acustici a chi non può sentire, quando vende le sue cuffie. C’è una società fondata dall’attrice Jessica Alba, chiamata “Honest”, che vende prodotti biologici per bambini e parte dei cui ricavi finanziano progetti di ricerca e formazione per la salute, la nutrizione e l’igiene. Ci sono molte altre società che hanno iniziato attività di questo tipo negli ultimi nove anni, incorporando questa filosofia che unisce il business al fare del bene.

Da: Linkiesta

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