Mi sono venuti a trovare due amici svizzeri. Lei lavora per la Croce Rossa e si occupa della formazione del personale. Da pochi anni hanno lanciato un programma per ragazzi sotto i 16 anni, che come incarico devono accompagnare i vecchi a fare la spesa, andare ai giardini. Per tenerli vivi tutti: i vecchi che forse possono capire qualcosa dei giovani e questi magari farsi spiegare come era il mondo quarant’anni fa. I giovani sono pagati e tirano su qualche soldo per le vacanze. Altri progetti ad esempio cercano di integrare negli ospedali gli extracomunitari (soprattutto donne) prima a basso livello e poi a seconda della lingua e delle competenze acquisite o acquisibili. Il marito invece fa il macchinista di treno. Erano in vacanza sino alla domenica, ma il sabato a mezzogiorno sono voluti partire. Mi pareva che non si fossero stancati della compagnia e soprattutto che avremmo perso una bella cena nell’osteria giusta, allora ho chiesto lumi e Rolf molto candidamente ha risposto che era bene essere a casa la domenica per riposarsi e poter cominciare il lunedì senza stress. Mi ha detto: il mio lavoro ha bisogno di tutta la mia attenzione e poi magari, se qualche collega si rende indisponibile, è possibile che io monti in servizio anche all’una di notte, allora se arrivo la domenica sera potrei non essere al 100 per 100. Anche Helene comunque preferiva partire, meno stress e magari si preparava qualcosa di nuovo per i corsi del lunedì. Ecco, forse sono piccole differenze che poi fanno la differenza. Da noi si parla di stress post ferie, per non parlare dell’assenteismo al rientro. Forse è una differente concezione del lavoro, per noi è un diritto, come dice la Costituzione, che poi si scorda di rammentarci che è anche un dovere. Per questa impostazione forse i sindacati, difendendo sempre i diritti e chiedendo venia sui doveri, hanno aiutato una traballante classe politica e un’ancor peggior classe industriale a smarrire via via aziende e posti di lavoro. Questa continua incertezza, questo giustificazionismo totale che da quarant’anni si respira, hanno portato il paese a questo punto. Però sempre da piccole differenze si parte. Ora il divario è enorme e la Svizzera è il paese giusto per capire. Un paese con una valuta fortissima, per cui difendere l’economia è difficilissimo, solo con prodotti non ancora copiati e con una qualità totale riescono a sopravvivere: ad esempio con i motori marini della Sulzer o con gli orologi meccanici di precisione che tutti conoscono e che pochi si possono permettere. Oppure con idee brillanti (Swatch) che esaurita come primo mercato, si ricicla in join venture con la Mercedes e insieme producono la Smart. Certo hanno anche banche, ma potevamo averle anche noi, se avessimo fatto sistema e non decotto banche locali che per essere salvate, affossavano banche nazionali. Anche nelle assicurazioni sono messi bene, ma sicuramente con Generali noi siamo partiti meglio. E sono neppure 9 milioni di persone, meno dei lumbard e non a caso a governare ditte e stato non vogliono Maroni di nome ma di fatto!
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