Patto per la crescita – Appelli e furbastri

La notizia di questi giorni è sicuramente l’appello al “patto per la crescita” , firmato da Confindustria e sindacatiChe alcuni tra i “poteri forti” italiani si decidano per un appello pubblico alle parti sociali ed un richiamo alla responsabilità di tutti è senz’altro una notizia che merita attenzione.In parte è un auto-appello: non sono i firmatari stessi i rappresentanti delle “parti sociali”? Inoltre il tutto si potrebbe leggere come una auto-assoluzione: la responsabilità di tutti tende a suonare come un tutti siamo responsabili della situazione, quindi nessuno lo è.Legittimo è quindi avanzare dei dubbi sul reale spirito dell’appello. Tra i firmatari ci sono alcuni soggetti la cui caparbia e tenace azione nella difesa degli interessi particolari ha spesso sconfinato nel corporativismo ed in mercati “tutelati”, ma di questo non troviamo un filo di autocritica.Non vorrei perciò che l’appello mascherasse la spinta ad un colpo di spugna sul passato, una sorta di amnistia generale, in cui alla soluzione di lungo periodo, la modernizzazione strutturale del Paese, si contrapponga una semplice manovra sul debito. Magari drastica, con un cocktail di misure su pensioni e risparmi privati (leggi patrimoniale), limitandosi a far pagare il conto di qualche decennio di sprechi, ruberie e inefficienze sistemiche, al solito trinomio risparmiatori – lavoratori (principalmente autonomi e dipendenti privati dei settori aperti) – microimprese.La storia di alcuni dei firmatari dell’appello potrebbe far propendere per la lettura maliziosa, in cui il richiamo alla responsabilità di tutti si traduce in un governo tecnico e/o di unità nazionale, che, con un colpo di spugna, riporti tutti ai meravigliosi anni della “Milano da bere”, ai decenni del consociativismo politico-affaristico, cementato sull’ indebitamento pubblico.Ammetto di essere sospettoso, ma alcune frasi, come il richiamo alla solidità dei fondamentali dell’Italia, autorizzano a pensare che essendo i fondamentali sani, il sistema, nella lettura dei firmatari, sia sano, e basti per l’appunto che tutto resti immobile, per tornare a crescere senza che nulla cambi in termini di rendite, scarsa concorrenza, ipertrofia burocratica, (in)giustizia civile, nepotismi, clientelismi, ecc.

Sarà bene essere vigili ed attendere assunzioni reali di responsabilità, proposte concrete e fatti, prima di restituire credibilità al mondo dei “corpi intermedi” che del corporativismo (e del consociativismo partitocratico), non della open-society, sono stati un tassello costitutivo.

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