A New York il più grande incubatore di startup

startup_ny Chiacchieravo a New York con un giovane italiano che, recatosi nella Grande Mela per un master, durante gli studi ha lanciato una startup di discreto successo. Dopo aver ottenuto un primo round di finanziamenti, impiega ad oggi diciassette persone, ed il suo business plan prevede di arrivare a fatturare settecentocinquanta milioni di dollari in sei anni, senza bisogno di altri finanziamenti esterni. A prescindere da quel che ne può pensare Briatore, è evidente che startup di gente giovane e in gamba rappresentano il futuro (o il presente). Come spesso viene richiesto, questi si inventano il lavoro e nella vita qualche rischio va preso per avere successo. New York da questo punto di vista è una città che li favorisce: il sindaco aiuta le aziende nascenti per la logistica e ci sono un mercato e un network davvero ideali. Come disse un venture capitalist che venne a parlare a New York University: “qui non servono incubatori di startup. New York stessa è il più grande incubatore del mondo!”. Ed effettivamente non è facile trovare un agglomerato di business, finanziatori, tecnologia, imprese e università di prima fascia, condensati in uno spazio relativamente limitato e raggiungibile in poche fermate di metropolitana. Per dare un’idea numerica della portata di questo concentrato di business, basti ricordare che il pil della sola New York è sostanzialmente pari a quello dell’intera Corea del Sud e poco sotto la Spagna. L’ex sindaco Bloomberg ha intelligentemente offerto alle start-up degli office space gratuiti all’interno di edifici dove poter massimizzare e far crescere sinergie: l’idea è quella di creare un polo nella city che sia competitivo con la Silicon Valley, senza contare che dati gli affitti di Manhattan, difficilmente le start-up potrebbero permettersi una sede vicina al cuore pulsante degli affari. Inoltre a dar man forte all’uscente Bloomberg è arrivato nell’ottobre del 2013, il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo, che ha lanciato Start-Up NY, progetto finalizzato alla creazione di un “tax-free environment” per le nascenti startup newyorkesi. Le compagnie che parteciperanno a Start-Up NY non pagheranno alcun tipo di tassa per dieci anni, mentre le persone da esse impiegate non avranno imposte sul reddito per i primi cinque anni. Le università coinvolte in questo progetto sono la Suny (State University of New York, distribuita su tutto lo stato), la Cuny (City University of New York, l’università cittadina) e le università private della Grande Mela. In aggiunta a questo, Cornell University sta investendo 2 miliardi di dollari nella creazione di un campus tech a Roosvelt Island, avendo incassato il consenso a collaborare da parte di tutti principali colossi di internet e tecnologici come Google, Facebook, Ebay, Amazon ecc. Le startup tecnologiche newyorkesi tendono a connettersi a business già consolidati, come media/entertainment o moda offrendo soluzioni tecnologiche in ottica di servizi. In aggiunta a questo, anche realtà storiche nel ramo consumer indicono concorsi o collaborano con startup tecnologiche per la creazione di innovative campagne marketing o analisi dei consumatori. La città di New York quindi, che dal punto di vista umano a volte può frustrare, per ciò che riguarda l’aspetto imprenditoriale e di opportunità di vita rappresenta tuttora l’epicentro del mondo. A colpire è come un’idea diventi realtà rapidamente, non si fa politica degli annunci nella Mela, si progredisce a un ritmo a volte vertiginoso e la prova tangibile non la trovi sui giornali o le tv, ma incontrando persone che creano e danno sostanza ai progetti attraverso le facilitazioni offerte. Visto che dubito in Italia potremo tutti campare aprendo pizzerie, le quali peraltro prevedono costi fissi e rischi d’ impresa analoghi a qualsiasi altra start-up, un progetto organico, politico ed economico che crei queste condizioni in città come Milano o Roma, merita di stare al centro dell’agenda socio-politica.

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