L’importante è farsi le unghie

Verso sud, al mare. Al sole non sto volentieri, nuotare mi piace, ma non è che ho un fisico bestiale e quindi mi restano il giornale e i libri. Mi sono anche ben organizzato: casa con microcucina incorporata, faccio la spesa, cucino e passo il tempo. Supermercati solo per i prodotti conservati, bazzico tutti i mercatini del circondario a caccia di frutta e verdura locale: quattro banchi in croce, metà della merce uguale a quella dei supermercati, ma cara arrabbiata. Cerco di bermi un buon caffè: tutti ristoranti, bar pochissimi e luridini. Prima di trovarne uno decente ho fatto mezzo chilometro, ne valeva la pena: caffè ottimo, fagottino al cioccolato splendido. Mi sono guardato attorno per la millesima volta e ho capito . Il quartiere era messo maluccio, la gente peggio, ma su tutto una cosa mi ha colpito: in cinquecento metri ho contato una banca, due supermercati, tre lavanderie, un macellaio, dieci parrucchieri e quindici negozi dove ti fanno le unghie. Se ci sono, devono vivere (legge di mercato), allora parrucchieri e “unghiatrici” campano sul quartiere, abitato da gente di reddito basso, che si accontenta di quello che vede in televisione come trendy – non certo la fisica atomica o la genetica. Ma un paese in cui la gente si preoccupa dei capelli, delle unghie e di poco altro (non c’era nessun incazzato in giro con me), che fine potrà mai fare, che futuro potrà mai avere, da chi sarà rappresentato?

Una cosa ve la devo dire: ero non solo in Europa, non solo nella civilissima Francia, ma a La Boca, quartiere di Cannes, Costa Azzurra.

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