Lavoro

il-futuro-dei-giovani-e1329759507167 La Repubblica italiana è fondata sul lavoro. Sublime.

Poi sono arrivati gli italiani. Già ci voleva un coraggio da leoni nello scriverlo, o forse era beata incoscienza, ma farlo divenire realtà era opera da far tremare i polsi. Ai nostri rappresentanti, tutti : politici, sindacali, imprenditoriali, non è tremato neppure un muscolo nel disattendere al principio dei Padri Fondatori, che per la verità erano tra quei politici, sindacalisti e imprenditori. Tutti cominciarono a guardare il potere, di pochi, e non il bene comune, di molti. Così ci ritrovammo a vendere pezzi dello Stato, far chiudere imprese che ne erano l’ossatura, a privilegiare carrozzoni che infettavano la linfa produttiva vera. Cominciammo a finanziare a caso, a pioggia, soprattutto gli amici, senza preoccuparci di cosa andava perduto. Di quanti posti di lavoro scomparivano. Si inseguiva il diritto del lavoratore, come se questo potesse proteggere il futuro. Ci inventammo i prepensionamenti, gli accorpamenti delle Casse previdenziali, i lavori usuranti. Non ci fu strategia, ma saccheggio. Lo Stato assorbiva aziende decotte, senza chiedere perché lo fossero, in nome della salvaguardia dei posti di lavoro, poi dopo, magari smembrandole, le ridava ai privati con una dotazione finanziaria, i privati poi le chiudevano e lo Stato prepensionava.

Di questo giochetto il quasi Presidente della Repubblica Prodi Romano (omen nomen, e non nel senso classico) fu maestro. I lavoratori, o potenziali tali, a questo gioco si erano adattati bene e quindi cominciarono a chiedere che il lavoro andasse da loro, oppure che fosse adeguato a standard precisi, per questo motivo “importammo” milioni di persone a lavorare nelle campagne, nelle fonderie, nelle pulizie e a fare le badanti. Tutto sempre piangendo il morto e dicendo che mancava il lavoro. Le scuole poi non dovevano essere usuranti per i pupi e che poi uscissero diplomati o laureati con prospettiva zero, questo era ineccepibile, perché titolo=lavoro adeguato=stipendio fisso era un’eguaglianza che sottotraccia tutti i governi hanno sempre sponsorizzato. Che sia così, lo dimostrano i centomila italiani sotto i quarant’anni che l’anno scorso hanno lasciato il Paese e che, a quanto si sente, dalle altre parti lavorano.

Senza citare sempre la fuga dei cervelli che è normale, visto che qui ormai non ci sono più aziende che li possano accogliere e che non si fa più ricerca seria, perché non è serio destinarvi quatto spiccioli e poi distribuirli linearmente. È come mandare cento persone a giocare alla roulette con un solo gettone e pretendere che tornino tutti carichi. Solo così si spiega come mai gli altri Paesi non l’abbiano messo nella Costituzione, ma magari abbiano cercato di conquistarselo con comportamenti, di tutti, adeguati e conseguenti.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.