Il redditometro ancora non arriva e il redditest ancora non convince

contachilometri La presentazione da parte dell’Agenzia delle entrate del “redditest” precede di qualche settimana la sorprendentemente non ancora avvenuta approvazione definitiva del nuovo redditometro (si parla ora di gennaio 2013).

Un po’ come quando, tardando oltre modo l’arrivo della star da tutti amata o temuta, ma comunque attesa, si prova a intrattenere il pubblico con la presentazione della sua controfigura di cui nessuno sentiva particolare bisogno.

Qual è la differenza tra redditometro e redditest e qual è’ la relazione che intercorre tra i due?

Il redditometro e’ uno strumento di accertamento sintetico previsto dalla legge che consente all’Agenzia delle entrate di calcolare il reddito che il singolo contribuente dovrebbe dichiarare alla luce della sua capacità di spesa e di risparmio, invertendo sul contribuente l’onere di provare che l’eventuale capacità di spesa e risparmio eccedente il reddito da questi effettivamente dichiarato non è stata finanziata con redditi di cui di è omessa la dichiarazione (l’accertamento scatta quando lo scostamento supera il 20%).

Il redditest e’ un software elaborato di propria iniziativa dall’Agenzia delle entrate che consente ai contribuenti di verificare, su base volontaria e anonima, la congruità del reddito dichiarato complessivamente dagli appartenenti al proprio nucleo familiare con la capacità di consumo e risparmio del nucleo medesimo. La finalità e gli effetti del redditometro sono chiari; quelli del redditest, francamente un po’ meno.

L’Agenzia delle entrate punta molto su questo redditest come strumento di compliance, ossia come facilitatore dell’adempimento spontaneo del contribuente: chi vede accendersi il semaforo rosso dell’incongruita’, invece che quello verde della congruità, valuta di alzare il livello dei redditi dichiarati da se stesso ed eventualmente da altri componenti del suo nucleo familiare. Le intenzioni sono sicuramente lodevoli, ma le perplessità rimangono.

Non fosse altro perché pare evidente che nessun contribuente che sa di non evadere sarà interessato a fare il redditest (e, d’altro canto, se pur non evadendo gli si accendesse la luce rossa cosa mai dovrebbe fare? Dichiarare redditi ulteriori che non ha?), mentre quelli che lo faranno saranno alla fine quelli che evadono, interessati a verificare fino a che soglia possono spingere la loro evasione senza correre grossi rischi dal punto di vista redditimetrico.

A queste perplessità si aggiungono quelle che da tempo andiamo sottolineando con riguardo al nuovo redditometro, per come e’ stato concepito. Ad essere in discussione non è lo strumento, che anzi sottoscriviamo, ma il suo parziale snaturamento in uno studio di settore per famiglie.

Nulla quaestio sulla traduzione in presunzione di reddito delle spese effettivamente sostenute dal contribuente e pure delle spese di gestione stimate su base ISTAT dei beni effettivamente posseduti dal contribuente.

La pretesa però di valorizzare ulteriormente, sempre su base ISTAT, ai fini della presunzione reddituale, anche spese “quotidiane” del cui effettivo sostenimento non si ha un riscontro analitico, calcolandone l’incidenza sulla base del territorio in cui il contribuente vive e della composizione del suo nucleo familiare, crea oggettivamente i presupposti di quello snaturamento cui facevamo riferimento.

Uno snaturamento pericoloso e non solo per i contribuenti presunti evasori, chiamati loro a fornire prove contrarie in contraddittorio con gli uffici prima ed eventualmente davanti al giudice tributario poi.

Pericoloso anche per l’accettazione sociale e l’efficacia prospettica dello strumento, perché, depotenziandone l’oggettivita’ che si fonda sull’aderenza alla capacità di spesa e risparmio analiticamente riscontrata in capo al contribuente, getta le fondamenta per il più classico dei “chi troppo vuole, nulla stringe”.

Proprio come accaduto con riferimento ad alcune norme in materia di riscossione che, dopo traversie evitabili con maggiore buon senso e lungimiranza, sono state rese meno feroci senza per questo divenire meno efficienti nell’azione di contrasto all’evasione fiscale. Chi vivrà, vedrà.

Twitter @enrico_zanetti

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