Il business mondiale dell’onestà

Il crimine paga? O forse paga più l’onestà?

Certo, vivendo in Italia, fra l’evasione dilagante, la criminalità organizzata, la corruzione e via discorrendo, l’impressione potrebbe essere quella che l’onestà non sia certo un buon affare, semmai solo una scelta etica degli individui.

In realtà, l’onestà di un popolo è una fonte di business molto importante. Infatti la capacità di attrarre investimenti stranieri – e non solo – si fonda anche sulla percezione da parte degli investitori che le transazioni in quel paese vengano rispettate, che non vi siano truffe e che il tasso di corruzione sia relativamente basso.

Esistono nazioni del mondo dove il diritto è di fatto inesistente, mentre la minaccia e la coercizione sono il metodo affaristico corrente, luoghi dove una pistola conta più di uno scritto privato e dove la truffa è all’ordine del giorno. Vi piacerebbe aprire un ristorante o comprare un appartamento in paesi del genere? Certo che no. Sulla base di quanto detto, non c’è da stupirsi se un investitore preferisce approdare in Canada o Svezia piuttosto che in Bolivia, Congo o Iraq.

Da notare che a stabilire l’affidabilità di un paese è la “percezione” che gli altri cittadini del mondo ne hanno e questo significa che i governi per primi dovrebbero prestare molta attenzione all’immagine che offrono. Per esempio, l’idea di tassare gli “scudati” che si è fatta strada durante il dibattito sull’ultima finanziaria è un’idea piuttosto pericolosa. Formulare leggi sostanzialmente retroattive, che colpiscono cittadini ai quali a suo tempo (giustamente o meno) si era offerto un patto, minano fortemente la credibilità di uno Stato. Che garanzie vi sentireste di avere, come cittadino straniero, qualora decideste di investire in un paese che già in passato ha dimostrato di non rispettare i patti con i propri cittadini?

La situazione italiana non è certo esaltante e la lotta alla corruzione dovrebbe essere una priorità non solo per recuperare risorse economiche, ma anche capacità di attrarre capitali stranieri. Al 2010, secondo il rapporto sulla corruzione percepita di Transparency International, l’Italia ne usciva con un “voto” di 3.9.Tanto per farsi un’idea, il punteggio della Germania è 7.9, Francia 6.8, Spagna e Portogallo intorno al 6, Inghilterra 7.6 e lasciamo stare Olanda e Paesi Scandinavi per non imbarazzarci.

Ma quel che è più interessante notare è che nel 2004 l’Italia veniva valutata con un 6.2 e probabilmente non è un caso che il declino della legalità sia andato a braccetto con il declino economico, come dire: “il crimine non paga”.

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