Qualche volta ascolto la radio la mattina, se sono normale ascolto cazzeggio, se mi voglio far del male, programmi di informazione, se malissimo, informazione economica e finanziaria.
Il più delle volte a queste ultime partecipano industriali (pochi), artigiani (quasi mai), sindacalisti (alcuni), responsabili di associazioni (moltissimi). E qui penso che i conduttori siano un po’ sbronzi.Se si parla di lavoro e di futuro del mondo del lavoro, si dovrebbero avere molti che lavorano e danno lavoro. Da noi fare il responsabile di categoria è una nomina normalmente politica e un lavoro a tempo pieno. Qualche volta sono mestieri di famiglia, ci sono rampolli che sono passati da rappresentanze industriali a quelle sportive. Bravi tuttologi che però poi nessuno ci invidia, o almeno cerca di portarci via. Ci sono ex segretari di Confindustria che dopo aver ululato alla luna della privatizzazione, si sono accomodati in posti pubblici e non si sono più mossi.
Ma torniamo al LAVORO, che poi è il vero problema. In queste trasmissioni si parla di come abbassare il costo del lavoro o di come si possano creare condizioni migliori per la crescita e quindi abbassamento della tassazione. Se questi alterati alcolici parlassero con le industrie, grandi e piccole, scoprirebbero che le industrie hanno potenzialità produttive del 30% maggiore di quanto stanno facendo, il che vuol dire che stanno producendo ad alti costi, ma non per costo del lavoro, ma per costo di struttura.
Il problema è che non c’è Lavoro, perché non siamo competitivi, come sistema. Basta guardarsi intorno e cercare di capire perché paesi ad altissimo costo del lavoro (Germania, Svezia, Danimarca, Svizzera,ecc..) riescano a fare industria e commercio non solo con prodotti ad alto contenuto tecnologico, ma anche con prodotti di tutti i giorni.
Chiediamoci perché fummo i primi a “inventare” le cucine componibili e invademmo il mondo, ma poi ci fermammo, mentre Ikea, sulla stessa idea, allargata a tutta la casa, sta riempiendo tutte le case. Cerchiamo di capire perché Lidl apre negozi in tutt’Europa e le nostre reti cooperative soffrono la sua concorrenza.
Ci vogliono idee, poi infrastrutture e alla fine regole e costi. Se partiamo dalla coda (pensioni e art.18) non andiamo da nessuna parte.
Se non ci decidiamo a capire come muovere le merci (acqua, rotaia, gomma), se non mettiamo un limite a chi chiedere cosa per aprire un’iniziativa, se rimaniamo la patria del pizzo e dell’evasione, se non potenziamo le grandi aziende e le mettiamo in grado di competere nel mondo, se non incentiviamo le idee, le competenze, la scuola, siamo morti e ascolteremo soggetti sbronzi ad alto costo unitario, che parlano, parlano, ma poi passano all’incasso, senza mai perdere il posto.
Nessuno disinveste su di loro. Peccato