Girala, voltala e prillala, sempre qui andiamo a sbattere.
La Cassa Integrazione Guadagni, ordinaria e straordinaria.
Sino ad ora abbiamo superato socialmente le varie crisi produttive utilizzando questo mezzo.
Ora se smettiamo di nasconderci dietro un dito, dobbiamo affrontare seriamente questo problema. Perché di problema si tratta. Nessuno discute il suo valore sociale, ma andiamo a vedere nel dettaglio come poi funziona nella realtà.
Il cassintegrato, almeno la stragrande maggioranza, si aspetta una soluzione del problema (crisi aziendale) dall’alto, ovvero dall’azienda o dallo stato. Generalmente mentre aspetta una soluzione, avendo tempo a disposizione, cerca di integrare le entrate.
L’azienda rifornisce con discontinuità i suoi clienti, che tendenzialmente cercheranno una fonte di approvvigionamento più affidabile, a volte anche con sacrifici economici.
Questo perché, se c’è crisi in un settore, i tempi di approvvigionamento si riducono e quindi le programmazioni diventano più “nervose” ovvero più costose.
Limitiamoci a guardare le conseguenze economiche di questo: si crea un’ ulteriore disaffezione tra dipendente e azienda, diciamo un “raffreddamento” che inevitabilmente porta ad un minor impegno (che di solito si traduce in minor produttività). Una riprova sono le difficoltà “comunicative” tra dipendenti e FIAT.
L’azienda è ritenuta parte responsabile della crisi ( magari a ragione) e quindi inaffidabile, da “mollare” alla prima occasione. Le integrazioni delle entrate di solito sono lavoro nero e quindi non solo un danno per l’erario, ma anche una concorrenza sleale a quelli che fanno, legalmente, quei lavori.
Si tende ad un abbattimento delle tariffe e ad un depauperamento del lavoro indipendente, in poche parole, si fanno morire sul nascere tante piccole microaziende che potrebbero nel futuro crescere a vantaggio dell’occupazione. L’azienda che produce approfittando della cassa integrazione, vede crescere il costo unitario del suo prodotto e questo è quello che le rimarrà in “dote” alla fine della crisi.
Sembra paradossale, ma è quello che capita.
La conseguenza è che una ditta esce dalla cassa integrazione ridimensionata, stenta a riprendersi le fette di mercato antecedenti. È matura, molte volte, per il fallimento e allora i soldi spesi dallo Stato hanno sortito un effetto benefico solo temporaneo sul tessuto sociale.
Tutti abbiamo idee, magari divergenti.
Proviamo a dare una soluzione al seguente problema: data un’azienda in crisi con una dotazione di denaro pubblico per tre anni pari al costo del lavoro, quale è la soluzione migliore di impiego del medesimo ?
Devi accedere per postare un commento.