Nella situazione in cui ci troviamo, ormai sembra non si possa parlare che della crisi, del governo Monti, della sua appartenenza a Goldman Sachs, alla Commissione trilaterale, al gruppo Bilderberg, ai poteri forti delle banche che prima avrebbero affossato gli stati per poi prenderne il potere con i propri uomini. Noi oggi invece vi proponiamo una riflessione su una forma di espressione tipica dell’essere umano, la menzogna. Sentendoci tutti un po’ sguarniti davanti a questo mondo travolto da furibonde mutazioni, forse intanto potremmo provare a capire qualcosa di più della bugia come categoria psichica. Come mentiamo? Come possiamo riconoscere chi mente? Proviamo a parlarne ispirandoci alle tesi di Pamela Meyer, fondatore e CEO di Simpatico Networks, una delle principali società private label social networking che possiede e gestisce reti sociali online. Tanto per avere un’idea del personaggio, la Meyer ha conseguito un MBA presso la Harvard, un Master in Public Policy Claremont Graduate School, ed è un Certified Fraud Examiner. Ha una formazione completa nell’uso di indizi visivi e della psicologia per rilevare l’inganno nel comportamento altrui. La menzogna – sostiene la studiosa – ha un aspetto collaborativo, cioè il suo potere emerge quando l’interlocutore accetta di credervi. Insomma, se qualche volta vi hanno mentito, in fondo è perché glielo avete permesso. Non tutte le bugie fanno male, a volte si partecipa volontariamente all’inganno per mantenere una dignità sociale, una relazione (“Cara non sei per niente grassa”, oppure: “Scusa se non ti avevo risposto, ho appena ripescato la tua mail dalla cartella anti spam”). Ma si può partecipare all’inganno nostro malgrado e questo potrebbe costare caro. In un anno, solo negli Stati Uniti, sono stati frodati 997 miliardi di dollari. Pensate al caso Enron, A Madoff, alla crisi dei mutui… Le menzogne dei mentitori potenti possono tradire un Paese, compromettere la sicurezza, indebolire la democrazia. Di fatto l’inganno è una questione seria. Il grande truffatore per esempio si basa su una regola aurea: “Tutti sono disposti a darti qualcosa, se te lo danno in cambio di qualcos’altro che desiderano fortemente”. Certi nonni che consegnano ingenti somme a sedicenti creditori amici dei nipoti stanno cercando di consolidare il legame affettivo con gli amatissimi discendenti. Quindi per non essere ingannati, prima di tutto bisogna sapere con lucidità cosa vorremmo maggiormente, anche se non ci piacerebbe ammetterlo. Di lì individueremo le nostre vulnerabilità. Ma simmetricamente, siamo tutti potenziali mentitori: vorremmo essere mariti migliori, mogli migliori, più in gamba, con maggior potere, più alti, più ricchi. Con la menzogna cerchiamo allora di colmare il divario fra le nostre fantasie su chi vorremmo essere e ciò che siamo realmente. In una giornata tipo possiamo essere raggiunti dalle dieci alle 200 bugie, la maggior parte delle quali innocenti. Mediamente fra sconosciuti ci si mente tre volte entro i primi dieci minuti della prima conversazione, cosa che normalmente lascia stupiti quando si apprende, non possiamo infatti credere quanto sia comune la menzogna. Tendiamo a mentire di più con gli sconosciuti; gli estroversi mentono più degli introversi; gli uomini mentono otto volte di più parlando di sé stessi che degli altri. Le donne mentono di più per proteggere altre persone. In una normale coppia sposata si mente mediamente ogni dieci interazioni. Se si è non sposati il numero scende a tre. Istintivamente saremmo contro le bugie, ma le cose sono molto più complicate, poiché mentire è una cosa complicata, fa parte del tessuto stesso della nostra vita privata e pubblica. Siamo profondamente ambivalenti rispetto alla verità e la travisiamo se ce n’è bisogno, a volte per ragioni molto positive, altre perché non comprendiamo i vuoti della nostra vita. Siamo contro la bugia, ma intimamente la accettiamo in modi che la nostra società approva da secoli e secoli. Gli studiosi sanno da tempo che più la specie è intelligente più è estesa la neocorteccia cerebrale e maggiore è la tendenza all’inganno. Koko, il famoso gorilla che aveva appreso il linguaggio dei segni, una volta accusò il suo gattino di aver staccato un lavandino dal muro. E a mentire si comincia molto presto. I bambini possono piangere per finta poi guardare se arriva qualcuno. A due anni cominciano a nascondere le cose e a tre bluffano. A cinque mentono di proposito, manipolano usando l’adulazione (naturalmente non stiamo estendendo un giudizio morale su questo e sulle molle della psicologia infantile, che non vanno valutate secondo l’etica e la morale adulte). A nove anni sono maestri nel genere. Entro l’università si mente ai genitori una volta ogni cinque interazioni. Da adulti, nel mondo del lavoro, entriamo in un mondo pieno di robaccia, di finti amici digitali, di informazione di parte, di ladri di identità, di schemi di vendita piramidali a livello mondiale. Cosa possiamo fare allora? Beh ci sono delle regole per farci strada in questo pantano. Gli smascheratori di professione giungono alla verità 90 volte su 100; Gli altri mediamente arrivano al 54%. Ciò anche perché ci sono bravi e cattivi mentitori, ma non ci sono mentitori originali, utilizziamo ossia tutti le stesse tecniche. Prendiamo i discorsi pubblici. Esiste la cosiddetta “negazione non contrattabile”. Studi dimostrano che le persone decise a negare a oltranza ricorreranno al linguaggio formale e non informale. I bugiardi prendono inconsciamente le distanze dal loro soggetto usando il linguaggio come strumento. Se si usassero formule tipo «Beh in verità devo dirvi…», «In tutta onestà…», si sarebbe scoperti da qualsiasi smascheratore che sa che questo tipo di linguaggio rivela la falsità delle affermazioni. Se si aggiungono troppi particolari idem. Ci sono poi altri segnali non verbali, se non ammetti con la voce, le tue dita, le tue mani parleranno per te, lo facciamo tutti. È il linguaggio del corpo. Per esempio la parte superiore del corpo rimane immobile mentre si mente, crediamo che un bugiardo non ci guardi negli occhi, invece fissa intensamente; crediamo che calore umano e sorrisi siano indicatori di sincerità… sbagliato. Chi ride fintamente solo con la bocca contrae volontariamente i muscoli delle guance, ma non riesce a farlo con gli occhi. Se notate discrepanza tra i due livelli dello sguardo, gatta ci cova. L’atteggiamento complessivo è fondamentale: la persona onesta tende a entusiasmarsi per voi, a collaborare, contribuirà ad aggiungere idee alla conversazione, se accusata fa nomi, fornisce particolari, s’infurierà se penserà di essere sospettata ingiustamente e lo rimarrà per tutto il colloquio. Se chiedete a una persona onesta che misure assumere contro un truffatore dirà di punirlo severamente. Il mentitore si mostrerà riservato, parlerà a bassa voce, farà pause ma non controllerà i movimenti. Per difendersi condirà di dettagli irrilevanti la sua versione e la racconterà in modo cronologico. Gli interrogatóri professionisti si ripresentano più volte in momenti diversi e chiedono di raccontare la storia a ritroso, capendo se il soggetto mostra esitazioni. Vedranno quali domande causano più menzogne. Ciò perché chi mente si ripete più volte il suo discorsetto, ma non programma i movimenti. Dirà «sì», ma la sua testa dirà «no». Racconterà storie convincenti, alzerà appena le spalle. C’è chi commette crimini terribili, ma sorride al pensiero di potersela cavare, usa il cosiddetto “Sorriso dell’inganno” quando dà la propria versione dei fatti. A volte si usano espressioni per mascherarne altre sfuggite al controllo. Gli assassini mostrano altresì tratti di tristezza, il datore di lavoro propone di uscire a cena insieme. C’è un tema, quello del disprezzo, che è determinante. Con la rabbia si gioca ad armi pari, ma se la rabbia si trasforma in disprezzo significa che vi hanno accantonati per un senso di superiorità morale. Si manifesta con un angolo della bocca contratto verso l’alto. In presenza di disprezzo anche non seguito da bugie… state alla larga. La scienza sa che chi mente batte di più le ciglia (fatti salvi i casi di tic nervosi preesistenti), a posizionare i piedi verso l’uscita, usa oggetti tra sé e l’altro come barriera, abbassa di molto il tono della voce… Questi però sono solo comportamenti, non costituiscono prova di menzogna. Siamo esseri umani, facciamo un mucchio di movimenti strani che di per sé non hanno particolari significati, ma se notiamo delle serie di tali segnali, osservate, ascoltate, fate domande dirette, approfondite, abbiate dignità e cercate di stabilire un rapporto con quella persona, senza essere aggressivi, cosa che non funzionerebbe. Qualcosa scoprirete. Quando si combina la scienza della ricerca dell’inganno con l’arte di saper guardare e ascoltare, si riesce a smettere di essere complici di chi mente. La tecnologia fa progressi, rileva il movimento degli occhi, scanner cerebrali rilevano gli impulsi inviati al corpo quando cerchiamo di ingannare gli altri. Ma al momento offrono maggior affidabilità gli smascheratori di professione, che utilizzano strumenti umani e sanno guardare nell’animo delle persone. In questo mondo ove una nuova generazione ha scelto di vivere in pubblico la propria sfera privata attraverso la rete e i social network, c’è molto più rumore, forse più trasparenza, ma dobbiamo ricordare che condivisione estrema non significa onestà. I nostri messaggini maniacali postati in rete non possono farci dimenticare che le sottigliezze della decenza umana e l’integrità dell’individuo sono ancora quello che conta e conterà sempre. Così potremmo cercare – conclude la Meyer – in questo mondo rumoroso, di essere più espliciti rispetto al nostro codice morale, chi ci sta intorno se ne accorgerà. Dite: «Ehi, il mio mondo, il nostro mondo, sarà un mondo onesto, ove si valorizza la verità e la falsità verrà riconosciuta ed emarginata». Appena lo farete le cose cominceranno a cambiare. Utopie? Di questi tempi qualcuna non guasta. L’umanità ha bisogno di rimettersi a volare alto.
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