Una domanda frequente che si riceve nei gruppi Facebook di expat a Singapore riguarda il costo della vita.
Singapore, al pari di piazze come Dubai, Hong Kong, Montecarlo, Tokyo, è ritenuta un luogo molto costoso. In realtà, quando mi trasferii la prima volta nel 2016 da Hong Kong, città impareggiabile per il costo furibondo degli affitti e la mancanza di spazi abitabili, Singapore fu per me una piacevole sorpresa.
Per valutare il reale costo di una città e’ secondo me fondamentale partire sempre da due variabili: le tasse e il costo dell’affitto. Se da questi due aspetti non si può prescindere, molto del resto (viaggi, cene al ristorante, vita sociale) si può modulare a seconda delle proprie scelte.
A Singapore gli stipendi sono molto alti, ed essendo un hub asiatico che ospita tutte le principali multinazionali al mondo, sono vicini ai livelli degli Stati Uniti, dove però la tassazione raggiunge spesso il 30-40% se non oltre. A Singapore (usando valori in euro), i redditi inferiori a 135,000€ annui pagano meno del 10% in tasse, poi si sale al massimo fino al 15% e mai oltre il 20% se non per stranieri con redditi oltre il mezzo milione. Inoltre, dividendi, cedole, capital gain e sostanzialmente tutta la rendita finanziaria non è tassabile.
Il principale costo è l’affitto, ma quando arrivai nel 2016 fui piacevolmente sorpreso da un mercato molto più accessibile di Hong Kong o New York. A partire da circa 1300 euro era possibile vivere in un bilocale di circa 40 metri all’interno di un condominio moderno con tutte le facilities del caso (piscina, palestra ecc.)
Una volta sistemato l’affitto, le cose a Singapore si fanno interessanti e come spesso dicevamo ai nuovi arrivati: “puoi renderla costosa o conveniente quanto vuoi tu”.
Infatti il governo ha sempre supportato le necessità di base della popolazione. Ad esempio, per promuovere la natalità esiste uno schema per cui molti Singaporiani si sposano giovani perché questo consente loro di acquistare un “HDB” (case popolari che spesso sono di fatto condomini con piscina…) a prezzi e pagamenti agevolati, in cui si ritrovano per le mani un asset milionario che spesso rivendono successivamente. Allo stesso modo i prezzi dei supermercati (comunque alti) sono calmierati dalla principale catena in possesso del governo, che possiede anche assicurazioni e altri rami vitali.
In questo contesto, è dunque importante introdurre i famosi “hawker center”. Sorta di mense all’aperto, dislocate in ogni quartiere, dove si prende il cibo su un vassoio da decine di gabbiotti che offrono cucine diverse, lo si consuma sui tavoli, dove poi il personale pubblico provvede a sparecchiare e pulire. Agli “hawker center” si può tranquillamente fare un pasto per meno di 4 euro.
Dall’altro lato però cucine come quelle occidentali (italiana, francese, spagnola) sono spesso considerate di lusso e interpretate con un concetto di “fine dine”, ma anche andando in luoghi meno “chic” che comunque usino ingredienti originali di importazione, spendere meno di 50 euro èsempre stato quasi utopistico.
Avere un’auto a Singapore è fuori discussione, visto che le tasse esorbitanti fanno siì che persino una Mini Cooper costi oltre 100,000 euro. Fortunatamente la rete di metropolitana e bus è molto efficiente, e per il resto una volta arrivato scoprii come la concorrenza fra Uber e Grab (l’app locale, ora quotata al Nasdaq) portò per anni a prezzi stracciati sui trasporti, finchè Grab non acquisì Uber nel Sud Est Asiatico. A questo potremmo aggiungere che la città Stato è 50×27 km considerando gli estremi e quindi una corsa in taxi nelle aree principali, difficilmente richiede più di 20 minuti.
Insomma, fino a qualche anno addietro, Singapore nascondeva forse il miglior mix al mondo fra rendita, tassazione e costo della vita. A tutto questo si poteva aggiungere i costi stracciati dei voli viste le numerose compagnie low cost, nonché la miriade di eventi spesso gratuiti dove si poteva consumare canapè e alcol, quest’ultimo altrimenti molto caro (10 euro per un calice di vino sono la norma).
A distanza di 6 anni e dopo la pandemia, molte cose sono cambiate. Innanzitutto, a dispetto dell’esodo di 75,000 stranieri durante la pandemia (cifre ufficiali del governo che comunque prenderei con cautela), il mercato immobiliare ha raggiunto il suo picco.
Si parte da 2,000 euro mensili praticamente ovunque anche per pezzature piccole. Nella zona centrale (CBD) gli appartamenti in condominio di circa 70 metri stanno fra i 3500 e i 4500 euro e per una famiglia si va a salire con il numero di camere. Ma soprattutto, non si trovano più unità sul mercato. Il condominio dove stetti per 3 anni, che aveva decine di unità libere, ora ha un solo appartamento in tutta la torre. Quello dove sto ora ne ha 4 su quattro torri, di cui solo uno della stessa pezzatura del mio. Spostarsi in zone “più periferiche” rispetto alla CBD non aiuta più. Aggiungere 40 minuti di metropolitana poteva essere un problema quando si andava in ufficio cinque giorni a settimana. Non ora che 2 o massimo 3 giorni sono la norma a Singapore, e quindi i prezzi si sono livellati in ogni zona e viste le poche unità libere, ci si trova spesso a rinnovare con rincari importanti.
Inoltre che sia inflazione, o scelta dei ristoranti, ultimamente uscire a cena in un bel ristorante (in questo sono spesso molto curati), non necessariamente uno stellato Michelin, costa comodamente fra gli 80 e i 150 euro a persona.
Grab, che intanto ha assorbito Uber, e compete ora con l’indonesiana Gojek, difficilmente è reperibile per meno di 15-20 euro a corsa in orari di punta, come l’ora di cena.
L’inizio di un possibile esodo dei business (e si vocifera ora anche del settore finanziario) da Hong Kong, il record di investimenti stranieri (specie capitali americani del settore tech), sono stati vento in poppa per Singapore anche durante la pandemia. Le nuove regole per l’immigrazione richiedono stipendi sempre maggiori, profili rari e ben remunerati, spesso nel settore tecnologico, e non fanno altro che prefigurare lo scenario di un luogo sempre più esclusivo, meno accessibile, e dai prezzi in continua crescita.
Inoltre il Covid ha portato alla morte di una vibrante vita sociale, spesso partecipata proprio dagli expat occidentali: una movida per tutte le età, all’intersezione fra eventi di business e vita notturna e caratterizzava gli anni pre-pandemia (non è ora chiaro se e in che misura tornerà nonostante la rimozione delle restrizioni). L’uscita degli occidentali e possibilmente di quello stile di vita, unita alle porte apertissime all’India, con cui Singapore ha rapporti molto stretti e da cui punta ad importare quelle figure tecnologiche che servono alla crescita di tale settore, cambieranno probabilmente il volto della città-Stato. Un luogo più esclusivo, ma anche più asiatico.
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