Sempre serenissimo e imperturbabile, il ct pare avviato a una disastrosa campagna di Russia. Guida di una squadra che vive di speranze, ma che di idee non ne ha.
Qui comincia l’avventura d’un ct che fa paura. Agli altri, in effetti, perché lui appare sempre serenissimo, imperturbabile; democristiano. Dopo la rotta con la Spagna il presidente federale Carlo Tavecchio, quello degli africani “banana” e delle lesbocalciatrici, gli ha rivolto un discorsetto offensivo che diceva: se non andiamo al Mondiale perdiamo un monte di soldi e di questa Apocalisse ne risponderai personalmente tu, io certo non ci rimango sotto. L’avesse fatto ad Antonio Conte, uno sgarbo del genere, l’Apocalisse scoppiava sul serio. Gian Piero Ventura si è limitato a sorridere: «Termini enormi», ha chiosato. E poi ha portato a casa uno striminzito successo contro Israele, confermando il modulo spagnolo che pareva ispirato da Romina Power: all’arrembaggio, col qua qua qua.
UNA VITA DA MEDIANO. Ventura fa paura, perché sostiene di avere un progetto: ma quale sia, non lo ha ancora capito nessuno. Neanche Ventura. Mette insieme tre pesi mosca come Insigne, Verratti e Immobile che, là in mezzo, sembrano i fantaccini di Nino Bixio. Di meglio non c’è, si dirà. Può darsi, ma proprio Conte, ispirato dalla Chioma di Berenice, col poco che aveva sbatteva fuori la Invincibile Armada e sfiorava un Europeo; Ventura, col poco che fa, ci fa meno ancora, a meno di non voler considerare irresistibile la marcia di avvicinamento ai Mondiali sui cadaveri di Macedonia, Albania, Liechtenstein e Israele stesso. Ma, al di là degli avversari, i moduli, i fantaccini, le formazioni, le ruggini di Gigi Buffon, la Nazionale sembra patire una mancanza di fisionomia, di personalità, plasmata a immagine e somiglianza d’uno che ha spesso rivendicato la sua integrità, quel non avere santi in paradiso: si vede che, un bel momento, sono scesi tutti insieme, perché non è nell’ordine delle cose mettere sulla prima panchina del Paese uno con una vita da mediano (da mediocre, correggono i più arrabbiati). Per il momento, i santi li tirano giù i tifosi, sempre più sconcertati e disorientati.
ALLENATORI EMOLLIENTI. Certo, poi è sempre in agguato la sindrome di Bearzot, prima crocifisso, poi santificato, quindi meglio andarci cauti. Ma il buon uomo Ventura sembra continuare la tradizione degli allenatori emollienti, ostinati (specie negli errori) ma di scarsa personalità e di carisma inesistente, i Valcareggi, i Vicini, i Prandelli. Il ligneo friulano con la pipa era un’altra storia, così come la era il rissoso, irascibile, carissimo Conte e come la sarebbe quel Fabio Capello, sostituto ideale di Conte, anche in senso trico-logico, che da più parti s’invoca. Ma i sergenti di ferro non si addicono alla Nazionale azzurra, dove tutti si piacciono sempre molto e sono così suscettibili. Spogliatoio difficile, sempre pieno di primedonne anche quando sono donnicciole, deinde primum vivere: meglio galleggiare, meglio tirare a campare anziché tirare le cuoia, meglio uno che non scontenti nessuno, giocatori, manager, sponsor, dirigenti, insomma uno che sa come muoversi, anche se la garanzia è di finire per scontentare tutti. Cioè l’Apocalisse.
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Buffon critico con i tifosi ”Se il possesso palla lo fa la Spagna non viene fischiata”
Intanto, Ventura rischiosamente intravvede la riconferma fino al 2020, vale a dire gli Europei dopo i Mondiali: sarà vera gloria? Diciamola come va detta, questa è una squadra che vive di speranze, o di illusioni, ma che di idee non ne ha (ed è grottesco che a rimarcarlo sia proprio l’allenatore, il primo a doverle trovare). Il supposto genietto Verratti brilla per indecisione, tutto un titik titok, 60 passaggi per non vedere quasi mai la porta, e tutti i reparti scricchiolano, dal portiere in su. Ogni convinzione evapora appena ci si trova contro una rappresentativa che esca dal semidilettantismo – e anche in questo caso si dura una fatica dannata.
AL 2020 “PER LIBIDINE”. «Una Nazionale che non deve avvilirsi», avverte il tecnico telecronista Alberto Zaccheroni, uno che se ne intende. Ma Ventura, catafratto e sorridente, non sembra preoccupato dalla narcosi e così tutti, tranne i commentatori Rai che per missione debbono essere patriottici («Immobile cerca il movimento», se n’è uscito ieri a un certo punto un Alberto Rimedio in vena di surrealismo), se la pigliano con lui: gli danno carognescamente del principe Filippo, lo paragonano al maggiordomo degli Aristogatti, lo raffigurano tale quale a Superciuk, l’antieroe di Alan Ford che rubava ai poveri (le squadre materasso) per dare ai ricchi (la Spagna). Ma Ventura non è certo brillo, lui ha un progetto, anzi due: il suo, è di arrivare al 2020 “per libidine”. Quanto a quell’altro, più ad ampio spettro, speriamo non coincida con l’Apocalisse di Tavecchio: qui finisce l’avventura del citì Gian Piero Ventura. Con una sVentura.
LO SCOPRIREMO SOLO GIOCANDO. Lo scopriremo solo giocando, ma se non trova un po’ di fisionomia, di carattere, questa Nazionale pare avviarsi a una disastrosa campagna di Russia, anche se il suo selezionatore, del quale tutti contestano le scelte a furor di social, rischia di rispecchiare una Italia molto soddisfatta della propria inconsistenza: «I fischi? Io non li sento», risolve, olimpico. Su Twitter, intanto, hanno lanciato un sondaggio scaramantico (o speranzoso): dovesse saltare Ventura, chi vorreste al suo posto? Fra gli scontati sarcasmi degli allegroni che ipotizzano Ventura Simona, la bambina del Buondì Motta, Rocco Siffredi e Antonio Razzi, uno laconicamente ha cinguettato: «Uno con le palle».
da Lettera 43
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