“ Un’eredità lombarda: da Milano alla Franciacorta”

L’editore milanese Gabriele Mazzotta da sempre dedito a operazioni culturali di grande respiro, anche nel campo artistico- ha pubblicato recentemente un pregevole volume dal titolo“Un’eredità lombarda”, (Ed. Mazzotta, 190 pag.) scritto da Franca Pizzini, sociologa impegnata su temi legati alla medicina in relazione alle donne, con particolare riferimento al parto, alla riproduzione artificiale, al corpo femminile, di cui sono apparsi libri ed articoli. Ha insegnato per anni presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Milano.L’autrice é però anche la discendente di un casato che -sia da parte di madre, che di padre- ha antiche origini nel territorio lombardo, e non solo. Suo padre, il barone Pizzini, è stato tra i primi a costruire la fama dei vini di Franciacorta (intorno al lago d’Iseo), sfruttando le proprietà ereditate e sviluppando nei suoi vitigni i processi innovativi necessari a rendere quei vini della qualità particolare oggi nota in tutto il mondo, insieme ad un gruppo di proprietari che circondavano le sue proprietà . Oltre all’ottimo suo vino denominato appunto “Barone Pizzini” è ben noto, ad esempio, quello dei Berlucchi, suo amico e suo sodale in questa avventura coraggiosa.Franca Pizzini comincia ad indagare, con pazienza certosina, sulle famiglie di riferimento, accumulando documentazione rintracciata, nei vari palazzi dove le vicende si sono dipanate e nei quali lei stessa ha vissuto la sua infanzia fino alla maggiore età , e che in parte si è ritrovata a gestire dopo la morte dei suoi. L ha ‘aiutata in questo lavoro di recupero, la memoria orale di coloro che erano addetti alle incombenze legate a famiglie di questo rango ( servitù, tate, lavoranti, mezzadri, parentele legate ai ceppi originari delle famiglie descritte, testi e documenti in cui sono citati membri delle famiglie in questione)Il risultato di queste complesse ricerche è questo libro sorprendente, in cui la storia del nostro Paese -e in particolare del Nord- fa da sfondo alle vicende ereditarie e agli intrecci famigliari cui si lega per secoli la nobiltà lombarda. Particolarmente interessante diventa il percorso tumultuoso che, dalla Rivoluzione francese e dalle vicende che in tutto l’800 scuotono questa regione d’Italia, le grandi famiglie nobiliari sono deputate a seguire da protagoniste in quanto classe dirigente di fatto, fino alla loro ineludibile marginalizzazione con la quale si chiude il secolo scorso.A partire dal 600, per arrivare fino ai giorni nostri, percorriamo il complesso intreccio di generazioni che mantengono relazioni esclusive nell’ambito ristretto dei rispettivi titoli nobiliari, con le relative proprietà terriere, case e palazzi, capaci di misurare la potenza ascendente o la decadenza in atto del casato di appartenenza. Sullo sfondo, la storia d’Italia ,appunto, che obbliga a continui schieramenti -ora con gli Austriaci, ora con i Sabaudi; ora con la Chiesa, ora con la massoneria risorgimentale, vuoi per astuti calcoli di salvaguardia dei privilegi;vuoi per sinceri afflati patriotticiInteressanti e insolitamente frequenti alcuni personaggi femminili della famiglia. Il più celebre è certamente Cristina di Belgioioso,ritornato alla meritata fama grazie al centenario dell’Unità d’ Italia, antenata dell’Autrice da parte di madre. Così come sua zia Maura Dal Pozzo d’Annone- primo sindaco donna della nostra storia, nella città di Stresa.L’interesse che suscita la lettura di questo bel libro -corredato di molte fotografie di palazzi, arredi, personaggi- é molteplice. Grazie all’asciutta, ma puntigliosa ricostruzione degli ambienti e della vita che vi si svolgeva, ci appare un mondo fatto non solo di splendori e di grandi feste, ma anche di dolorose vicende famigliari che, pur supportate da una ricchezza di mezzi e di opportunità , accompagnano le loro vite e quelle di coloro che le condividono come subalterni al loro servizio.I personaggi sono tratteggiati con delicatezza, ma non rinunciando a caratterizzarne, volta a volta, le debolezze e i limiti che la vita agiata cui sono destinati ,spesso producono sui loro caratteri. Così come sono poste giustamente in risalto, le virtù civili ed umane di cui alcuni di loro danno prova nelle tormentate vicende che hanno segnato la nostra storia politica, sociale, culturale, fino al ventennio fascista e al secondo dopoguerra .Viscontiana la descrizione minuziosa degli oggetti di arredo e d’uso nella vita quotidiana, i preziosi, le tovaglie con stemmi e nomi, i broccati, le suppellettili e gli utensili di lavoro, le prime e superbe automobili e quanto di elitario l’irrompente tecnologia degli inizi del 900 pone ai giovani rampolli di quei casati, e che generano lo sperpero di patrimoni, non più rigenerabili. Se E, nel sempre più vorticoso passaggio di tali oggetti da un luogo all’altro, inseguendo linee ereditarie contorte e spesso oggetto di controversie, servitori scrupolosi e affezionati si adoperano nel conservarne la custodia e persino la memoria.C’é infine un elemento proustiano che sembra spingere l’Autrice, a ripercorrere “le temps perdu” per ritrovare radici trascurate più o meno volutamente, quando sopraggiunse la grande ribellione; quando cioè Franca Pizzini osò nei tumultuosi anni 70 ( coincidenti con i suoi studi universitari), rifiutare il suo mondo e tutto ciò che ancora poteva offrirle di convenienze e di agi, per cercare una sé stessa rigenerata.Rappresentante di un filone della famiglia che aveva dato qualche spirito intellettuale e qualche segno di ribellione ai conformismi della cerchia nobiliare; sentendo che quel mondo andava irreversibilmente scomparendo, con intelligienza ha saputo ricuperarne una corretta memoria: per sé stessa e per quanti, di quel mondo, hanno una percezione oleografica, cui hanno collaborato una spesso mediocre ricostruzione cinematografica, televisiva, letterariaUn libro da leggere, dunque.

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