Figlio di un tintore e di statura molto piccola (poco più di un metro e mezzo), Iacopo Robusti fu ribattezzato dai contemporanei “Tintoretto”, soprannome con cui il grande pittore è passato alla storia.
La bella mostra in corso alle Scuderie del Quirinale di Roma (a cura di Vittorio Sgarbi, dal 25 febbraio al 10 giugno) ha il merito di far capire, attraverso la selezione di trentasei opere, i caratteri salienti del suo stile: la velocità pittorica e la bizzarria dell’invenzione insieme al gusto spiccato per gli effetti spettacolari e i contrasti di luce. Lo storiografo e pittore Giorgio Vasari definì Tintoretto “il più terribile cervello che abbia mai avuto la pittura” volendo alludere, di fatto, alla sua originalità inventiva e al modo scenografico e drammatico di rendere il soggetto.
Dopo aver dato il meglio di sé nella straordinaria decorazione della scuola di San Rocco (1564) e in seguito alla morte di Tiziano (1576), Tintoretto divenne il primo pittore della città; ricevette commissioni pubbliche importanti, tra cui l’immensa tela raffigurante il Paradiso nel Salone del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, ricordata in mostra attraverso il bozzetto oggi al Louvre di Parigi.
Uomini dell’elite politica, diplomatica e militare gli affidarono la propria immagine che fu interpretata da Tintoretto in maniera veritiera e nobile, anche se non sempre entusiasmante dal punto di vista della qualità pittorica, come attestano alcuni ritratti scelti per l’esposizione. Qui è ben documentata anche la sua eccezionale e prolifica produzione religiosa che ci svela un pittore attento ai dettami della Controriforma, ma al contempo capace di emozionare e di sedurre.
L’abilità di Tintoretto nel raggiungere esiti visionari, affini a quelli perseguiti da El Greco, è attestata dai due commoventi, grandi paesaggi con la Vergine Maria provenienti dalla Scuola veneziana di San Rocco.
La sezione finale della mostra è dedicata ad alcuni artisti che hanno influenzato il suo stile, non solo i grandi e celebri Tiziano, Veronese e Jacopo Bassano, ma anche i cosidetti minori come Bonifacio de’ Pitati, Giovanni de Mio, Lamberto Sustris e lo Schiavone.
L’assoluta genialità, coadiuvata da uno studio indefesso, volontà di ferro e ambizione smisurata, hanno consentito al Tintoretto di raggiungere quei risultati formidabili e moderni su cui le Scuderie del Quirinale ci invitano oggi a riflettere.