Sono giorni di caldo torrido in tutta la penisola e ogni anno, in particolare nel periodo estivo ,assistiamo a improvvise stragi familiari e omicidi-suicidi per apparenti motivi futili. Non che durante il resto dell’anno le persone vivano un pace con se stesse, lo testimoniano numerosi femminicidi perpetrati ai danni di mogli, compagne e amanti, da uomini gelosi che le considerano oggetti di loro proprietà. Oppure suicidi di stimati imprenditori che magari per debiti contratti con le banche, non vedono più la luce in fondo al tunnel, decidendo di farla finita. O piuttosto padri di famiglia i quali, perso il lavoro, si rendono conto di non poter più mantenere i figli e in un attimo si gettano nel vuoto. Vi sono anche purtroppo i casi delle mamme assassine, che forse, in un rapporto di amore- odio non abbastanza scandagliato e ammesso socialmente, non esitano ad afferrare il primo oggetto che incontrano, per sferrarlo verso la propria creatura e sopprimerla. Il cervello umano rappresenta anche per gli studiosi di oggi un mondo in buona parte sconosciuto e difficile da indagare, come le malattie mentali,sulle quali sono comunque stati fatti notevoli passi avanti, malattie di cui spesso l’essere umano si vergogna e nega l’esistenza. Ad esempio si sa che con le alte temperature, così come con quelle troppo basse, il cervello soffre, per cui si spiegano in piccola parte gli omicidi che avvengono sotto raptus nel periodo estivo. La depressione, ad esempio, tutti sappiamo che è stata il male del secolo passato e lo sarà probabilmente ancora di più in quello attuale, per le sue caratteristiche endogene ed esogene, quelle cioè proprie dei nostri neuroni e quelle provocate dall’ambiente che ci circonda, sempre meno umano e solidale, a cui il nostro cervello reagisce in modo assolutamente individuale. Siamo ormai abituati ad ammettere pubblicamente di avere il cancro, o altre gravi malattie, ma più difficilmente a riconoscere di essere affetti da depressione, o perché non diagnosticata, o perché la vogliamo nascondere, in quanto nell’immaginario collettivo viene ancora associata alla pazzia. Invece questa malattia dovrebbe essere prevenuta e curata al pari di tutte le altre, perché l’essere umano si possa liberare , o quantomeno convivere con quel male oscuro che tanto dolore morale procura a se stesso e a chi gli sta vicino. Per questo mi rivolgo ai medici di base, primi soggetti che possono venire a contatto con il disagio dei loro pazienti se con sensibilità, pazienza e delicatezza, cercano di far luce nel loro animo, affinchè possano fornire l’indicazione di un percorso di cure e indirizzarli verso specialisti competenti, per poterli far tornare ad un nuovo benessere mentale.
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