So di non sapere

 Vi era un tempo il paradosso Socratico: so di non sapere. Una sola frase su cui si sono costruiti interi volumi di epistemologia. Certo, l’epistemologia non va molto di moda in questi tempi, in quanto non tratta di questa o quella conoscenza in particolare, ma piuttosto si occupa della teoria e origini della conoscenza in generale.

L’era moderna si fonda infatti sulla prevalenza del materialismo e della cultura scientifica. Ci interessa che la conoscenza si traduca in un nuovo modello di iphone, in nuovi robot, macchine che si guidano da sole e via discorrendo. Se la conoscenza non ha una ricaduta pratica, ecco che allora viene dismessa come pura filosofia. Questo è sicuramente il caso dell’epistemologia. Tuttavia esiste una grossa ricaduta pratica di cui la maggioranza delle persone resta ignara.

Infatti se non riflettiamo sull’origine delle conoscenze, e non investighiamo alle fondamenta le nostre stesse nozioni e da dove esse derivino… come possiamo sapere se abbiamo ragione o torto? Se infatti investigassimo i paradigmi più profondi su cui basiamo le nostre stesse vite, dai principi fisici o medici cui crediamo, alle nostre credenze morali e politiche e scoprissimo che non poggiano su un solido fondamento ultimo… non farebbe questo crollare anche il castello di carte che è l’intera nostra esistenza pratica?

Oggigiorno, con il dilagare dei social media, si è al contrario esacerbata la presa di posizione e il radicamento sulle proprie opinioni. Aprite un post su facebook su un tema di attualità e troverete migliaia di commenti e per ogni commento singolo anche un filotto di decine di altre risposte. Una colossale masturbazione mentale quotidiana di decine di gigabytes buttata nell’etere e spazzata via ogni minuto senza utilità alcuna a cui partecipano milioni di cervelli in tutto il mondo. Per ogni questione devono esserci sempre due posizioni antitetiche, e che si tratti di politica, sesso nella casa del Grande Fratello, femminismo, terrorismo, vaccini, il VIP a cui segue il controcommento della Lucarelli a cui seguono poi i commenti degli utenti e le relative risposte di Selvaggia…. Insomma, per qualsiasi cosa ci sentiamo in dovere di avere una posizione. E non solo di averla, ma anche di difenderla! E mai invece facciamo l’esercizio opposto, ossia quello di sospendere il giudizio, fare una profonda introspezione e domandarci: questa mia opinione… da cosa deriva? Su cosa è fondata?

Se ragioniamo un momento, come è possibile incapsulare la infinita complessità della realtà per farla entrare in qualcosa di ‘piccolo’ come la nostra testa, e per di più farlo sistematicamente per ogni suo aspetto, ogni giorno, e difendere poi questa parziale visione credendoci in perfetta ragione? Ecco allora che comprendiamo l’importanza del paradosso Socratico, che oggi più che mai diventa una chiamata alla sanità mentale, e forse anche alla tolleranza e alla distensione degli animi, in un mondo che sui mass e social media è sempre più urlatore.

Questo autentico esercizio di epistemologia applicata, se così vogliamo chiamarlo, non è assolutamente teorico, ma è quanto di più pratico esista. Me ne sono reso conto negli anni grazie alla pratica meditativa. Siccome la meditazione prevede il non rifocillare la mente di pensieri, ma al contrario osservarla con imparzialità, con il progredire dell’esercizio mi sono scoperto avere meno opinioni e posizioni.

All’inizio questo fenomeno mi sconcertò un po’. Mi resi conto con un certo sgomento che non sapevo più quale fosse la mia opinione su un tema, o che non sapevo nel profondo davvero cosa ne pensassi rispetto ad aspetti fondamentali della vita. E poi piano piano, questa pervasiva incertezza si è fatta chiarezza, lo sgomento si è tramutato in un profondo senso di pace: ma certo! Ma perchè diavolo devo avere una posizione? Perchè  la realtà deve per forza venire ridotta a una dualità di due polarità opposte? Chi ha detto che per ‘funzionare’ come meccanismo di sopravvivenza devo avere costantemente delle posizioni rispetto ad ogni cosa? Non avere una posizione, o quantomeno avere una posizione leggera, significa saper adottare un punto di vista, senza divenirne schiavo. Significa avere posizioni ipotetiche per fini pratici di navigazione della realtà, ma nulla di ideologico. Soprattutto nulla che scateni reazioni emotive.

E nel lungo termine, liberarsi dagli attaccamenti, quali le aspettative, le reazioni emotive a idee e appunto le posizioni, conduce nella pratica alla libertà, alla gioia, alla leggerezza al contrario del radicalizzarvisi. E questo in ultima analisi conduce persino… nell’occhio di Dio. Perchè se è vero che Dio ama tutti i suoi figli allo stesso modo… non è questo l’esempio perfetto ed assoluto di assenza di posizione?

Non sta a me dirlo. Perchè l’unica cosa che so è.. di non sapere.

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