Durante i mesi seguiti al gravissimo incidente sugli sci di Michael Schumacher, ho pensato spesso a lui e al suo triste destino in quel letto d’ ospedale di Grenoble, nella lunga attesa di ricevere buone notizie, che non arrivavano. Allora mi chiedevo: vista la drammatica situazione in cui si trovava una delle persone più coraggiose e ammirate del mondo, dopo che la buona sorte gli aveva girato le spalle, non sarebbe stato meglio perdere la vita in gara, a folle velocità , un rischio del suo mestiere, come Ayrton Senna? Un mito Michael lo rimarrà sempre, ma come i migliori soldati, sarebbe stato eroico morire in battaglia.
Invece la sua battaglia quotidiana in quel letto è lentissima, prima fatta di lievi battiti di palpebre, di esercizi eseguiti da bravi fisioterapisti, per non perdere ulteriore massa muscolare (oggi comunque pesa solo 55 chili), di alimentazione artificiale e di tutte quelle delicate e pietose pratiche, per non abbandonare la speranza di un risveglio dal coma, che finalmente è arrivato pochi giorni fa. Durante tutto questo tempo ho pensato che anche lui, almeno come l’esploratore Ambrogio Fogar, o l’attore Cristopher Reeve, dopo i rispettivi paurosi incidenti che li avevano lasciati completamente paralizzati e prima che i loro cuori cessassero di battere, potesse riuscire a continuare a realizzare , pure se invalido, imprese sociali importanti. Domande difficili e forse insensate, a cui possono seguire risposte incerte e che attengono all’aspettativa di vita e della morte di ciascuno di noi.
Ognuno ha il suo destino, ma per il campione automobilistico, la beffa più crudele sarebbe stata il buio permanente della mente e il nostro oblio nei confronti di quel fantastico sportivo malato, relegato per chissà quanto tempo nella penombra di una lontana stanza d’ospedale. Invece , come per la figlia Caterina del giornalista Antonio Socci, ridotta in coma per un’ aritmia definita fatale dai medici, il cui padre ha assistito pieno di fede e di gioia al risveglio, nonostante grandi difficoltà di ritorno alla vita normale, pare che anche per Michael si apra la strada di un lento recupero. Per dare spazio alla speranza in questa dolorosa vicenda, ho preso dal filosofo britannico William Penn un pensiero di consolazione: ”Per quanto possiamo cadere, mai potremo precipitare al di sotto delle braccia di Dio”.
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