Roma per salvarla diamola ai cinesi

Sono stato a Roma 10 giorni a fare il turista. Ho marciato tanto, ho visto tanto, ma è restata una goccia nel mare. È una città pazzesca, piena di arte, di storia, di vita e di turisti. 21 milioni di presenze l’anno. Leggendo i giornali mi aspettavo di andare in una città disastrata. Sono semplicemente capitato in una città governata male, da sempre, dove il bello antico viene affiancato all’orrido quotidiano, dove i servizi essenziali sono ridotti all’osso e dove neppure si campa, ma ci si limita a sopravvivere. Dove se serve qualcosa, l’unica possibilità è la raccomandazione e dove ci si “accorge” dopo anni che le scale mobili della metro non sono manutenute e se capita un guaio si chiude la fermata (quella di Repubblica è stata ferma 5 mesi e riaperta a furor di popolo). Dove per recuperare il gap con Londra, Parigi e Madrid servirebbero investimenti colossali che poi sarebbero resi vani dalla burocrazia, l’infingardaggine pubblica mista alla corruzione. Dire peccato è poco, ma niente si fa per cambiare registro. Non solo a livello locale, dove guarda caso per “riconsegnare” la città all’avvocato Cerrone, i TMB prendono fuoco come se fossero zolfanelli, ma dove lo Stato, che ci vive con i suoi rappresentanti di più alto grado, non soccorre, non controlla, non impone, chiusi nei loro appartamenti, nei loro palazzi, nelle loro auto blu. Auto di stato (ovvero pagate dai cittadini), con vetri oscurati, per non vedere le magagne esterne? Che impunemente intasano il già caotico traffico cittadino. Se i nostri rappresentanti fossero costretti a muoversi fisicamente come noi turisti o i romani, non potrebbero fare a meno di affrontare i problemi della capitale, come hanno fatto tutti gli stati civili, ultimi i tedeschi con Berlino. Le capitali “sfruttano la città” e pertanto dovrebbero indennizzarla. Ma nessuno lo ha fatto e molto flebilmente tutti i sindaci lo hanno chiesto. La Raggi, ultima della fila, quando vede un problema invoca l’esercito, che le viene concesso, non risolve una beata e intasa ancora di più la città con i suoi gipponi, i suoi uomini armati e i suoi gazebo per dar loro ricovero dal freddo e dal caldo.. mentre c’ero ho incrociato le zone rosse predisposte per la visita di Xi Jinping e ho capito che una vera via della seta sarebbe stata fare un accordo molto particolare, che non è piaciuto ai miei amici romani quando l’ho raccontato, ma che è l’unica possibilità. Mi spiego: posta l’entità dell’investimento per rimettere a posto tutto e posto il necessario controllo che serve dopo l’investimento, la sola cosa da fare è cedere Roma in comodato d’uso ai cinesi per trent’anni. Mi hanno detto che sono stupido, che non si può fare, che vivo fuori dal mondo o dal sistema solare. È tutto vero, come è tutto vero quello che riguarda i fondi che servono, perché bisogna metterci decine di miliardi per dieci anni almeno, poi bisogna fare in modo che la gestione sia efficiente, la corruzione inesistente e che chi sbaglia vada a casa il giorno dopo. Quindi occorre che un ente terzo abbia completa mano libera e che sia moderno, efficiente e preparato. Ora investitori privati che abbiano a disposizione uno staff di controllo di queste dimensioni non ne vede. Resta solo un ente governativo e per i cinesi sarebbe un fiore all’occhiello pazzesco, ora che vogliono “convincere” l’Europa della loro affidabilità e sarebbe anche una mossa spiazzante per gli americani che, forse, si sentirebbero in dovere di rilanciare. E noi tra trent’anni avremmo una città vera, in grado di ricevere venti milioni di visitatori in maniera decorosa e soprattutto di farci vivere dignitosamente tre milioni di romani. Aggiungo solo un piccolo esempio. Ormai a Roma i ristoranti cinesi stanno soppiantando tutte le vecchie osterie, perché? Semplice, ogni tavolo ha un tablet collegato con la cucina, voi scegliete cosa mangiare e bere e il tavolo viene “alimentato” con tempi contenuti e con vivande non stracotte. Esiste anche una versione con menù a prezzo fisso (e con infinite portate) se volete. Non è solo pseudo modernità, sono anche costi ridotti di personale. É un peccato, perdiamo la cucina locale a favore di quella cinese. Sono convinto che tra un po’ i cinesi riproporranno i piatti romani, non tanto per i locali, ma per dare ai turisti il piacere dei piatti che loro leggono sulle guide e che sono diventati impossibili per le tasche di molti nei pochi ristoranti di colore locale. E questa meravigliosa città me lo ha confermato: la grandezza delle idee del passato che ha prodotto arte per noi e vivere bene per loro. Oggi immensi palazzoni fatiscenti dopo trent’anni, abbandonati nel deserto delle periferie, per cui per loro, quelli di Tor Bella Monaca, piazza Navona è molto più lontana che per i turisti che girano e fotografano un sogno realizzato.

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