Un romanzetto lumpen. Così ha voluto chiamare queste pagine lo scrittore cileno Bolano: quasi con ironia. In realtà è come se il grande scrittore morto a Barcellona nel 2003, neppure cinquantenne, ci avesse lasciato un’ultima testimonianza del suo stile originale(il libro è stato scritto un anno prima di morire) .Ancora una volta egli ci dà un saggio della sua abilità a circoscrivere i personaggi in una realtà unidimensionale in cui niente esiste al di fuori delle loro vicende personali.“Ormai sono una madre e anche una donna sposata, ma fino a non molto tempo fa ero una delinquente”. Inizia così questo suo ultimo romanzo L’ambiente è quello di una borgata romana di cui si dà come risaputo lo sfascio. Già Pasolini ne aveva previsto genesi ed involuzione. Si dà anche per scontato il contesto sociale che lo genera. I personaggi del romanzo sono cinque: la narrante, suo fratello, due “amici” di lui, Maciste, ovvero un corpulento ex culturista, ex attore in film su Maciste (da cui il suo sopranome) Lei ci vuole raccontare le sue vicende dal momento in cui i genitori muoiono in un incidente stradale, lasciando i fratellini orfani e totalmente soli nell’affrontare la loro adolescenza; con la sola eredità della casa di proprietà dove sono nati e cresciuti. Tutti i personaggi sono filtrati dal racconto che lei fa delle vicende che vuole narrarci. In questo mondo ostile e indifferente che circonda tutti loro, Bolano ci costringe a concentrarci sulle modalità con cui, ognuno di loro pratica l’arte di arrangiarsi per sopravvivere. Senza precetti morali, senza riferimenti che non siano di puro giorno per giorno nella lotta per la vita, quasi con ineluttabile destino, la protagonista corre sempre di più sul filo tenue che separa lo sciatto ritmo del suo vissuto quotidiano, dall’incontro fatale con la strada della delinquenza. E senza una qualche iniziale consapevolezza. Con altrettanta indifferenza accetta le sue prime esperienze sessuali con i due compagni del fratello che lui ha voluto ospitare nella casa di famiglia e che la notte scivolano ora l’uno, ora l’altro nella sua stanza. Approfittando del buio, non vuole neppure riconoscere e distinguere l’uno dall’altro: d’istinto; come per proteggersi da qualunque coinvolgimento non strettamente legato al mero atto sessuale Tutto è raccontato partendo e restando ancorato ai pensieri e alle azioni della protagonista, ai suoi elementari bisogni e alle sue apparentemente svogliate non-scelte che sembrano lasciarla indifferente e apatica. Solo nei sogni lei sembra scegliere e desiderare. I fratelli lasciano gli studi; lei trova lavoro presso una parrucchiera; lui trova un lavoro precario da cui viene presto licenziato (senza che se ne dia la ragione) e comincia a vivere alle spalle della sorella. E così anche i suoi compagni, che comunque svolgono a puntino i lavori di casa e preparano i pasti. Un giorno i tre la convincono a recarsi a casa di questo Maciste – personaggio che non potresti trovare se non in una città come Roma – e la inducono, senza mai esplicitarlo, a diventarne l’amante con un obiettivo ben preciso. Da qui la lenta caduta verso il crimine, da cui la protagonista riuscirà ad evadere, finalmente “scegliendo”, o meglio “non volendo” vivere una vita che le appare sempre più squallida. E’ un no all’abisso in cui sta precipitando. Bolano non vuole darci una chiave interpretativa del suo atto di ribellione. Semplicemente lascia che anche questo atto ribelle sia la sua presa d’atto ad avere un diritto all’esistenza in quanto protagonista non passiva del suo futuro. E tuttavia l’autore ci lascia intendere che la ragazza trovi una volontà di riscatto quando sta crescendo in lei, in modo confuso, un sentimento d’amore per Maciste e quindi un bisogno di salvarlo dalle intenzioni criminali della banda di suo fratello. Con poche pennellate, Bolano scrive un racconto di alto livello, senza nessuna concessione ad una scrittura che non sia intensamente capace di afferrare il doloroso percorso di queste povere vite ai margini della vita.
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