Quando ero bambino si andava a fare il picnic nelle alture genovesi, allora si diceva fare una scampagnata, a piedi.
Quando ero un adolescente, si partiva prestissimo e si andava sul monte Fasce, il più alto dei dintorni, per raccogliere i narcisi selvatici, occupare i prati “strategici” su cui prima giocare a pallone (un incubo se si calciava male) poi mangiarci i panini imbottiti e POI..
Poi far partire il mangiadischi, con 3 dischi per vedere se qualche ragazzetta ci beccava.
Quando ero un giovanotto si andava in manifestazione, un’energia pazzesca, ci si contava e ci pareva di essere SEMPRE tantissimi. Anche se magari il grande partito ci metteva in coda perché non gli eravamo sempre simpaticissimi. Si cantava, si ritmava, si rispondeva agli slogan che venivano dalla testa del corteo, che magari era già arrivato nella piazza deputata e noi dovevamo ancora partire, era bello come vedere il vento che corre sul mare, avevamo a volte la stessa pelle d’oca.
Poi crebbi, arrivò la metastasi delle bande armate, delle sigle merdose e malefiche, l’aria fu ammorbata dagli scoppi delle bombe e degli spari. Rimanemmo orfani di tutta la nostra vita precedente. Ci fu rubato il primo maggio. Certo restarono i cortei, ma erano lugubri, incazzati, cattivi, e per sempre diffidenti.
Quando cominciarono i concerti io mi ero rotto del consociativismo sotteso, dei compagni sindacalisti che avevano scarpe sempre più inglesi, maglioncini sempre più pastello, capelli e pizzetti sempre più curati. Anche i cantanti erano quelli della televisione e non dei nessuno prima di arrivare in TV. Mi pareva tutto molto istituzionalizzato. La lotta era finita: gli extraparlamentari svegli avevano avuto la loro fetta di potere, e le stragi erano accomunate nell’assordante mancanza di risposte. La solidarietà era stata istituzionalizzata e le canzoni erano solo canzonette.
Oggi ci sarebbe bisogno di primi maggio di lotta, ma nessuno sa più lottare: i partiti, i sindacati, gli operai stessi. E temo lo spontaneismo, l’idiota utile alla conservazione, quello che serve a spaventare.
Puntuale come un cronometro è già arrivato, ha già fatto il suo sporco lavoro e tantissimi nella foto di lui schiacciato a terra, vedono la faccia della loro sconfitta, non dei mostri che potrebbe generare. E li capisco anche, sono figli della lotta di concerto, delle trasmissioni radiofoniche divertenti e trasgressive, delle magliette del male e poi di cuore, che diventarono nel tempo quelle dei viaggi low cost e alla fine coast to coast.
Ora i soldi sono finiti, le magliette non entrano più e ci si attacca a tutto, per non aver buttato via tutto: partiti, sindacati, persone.
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