Finalmente il sudafricano Oscar Pistorius si è rivelato. Sconfitto alle paralimpiadi, è sbottato perché le protesi del primo classificato sarebbero troppo lunghe. Insomma, il ragazzo più che smanie di diritti umani, ha smanie di protagonismo.
E protagonisti nel berci tutta questa sceneggiata siamo stati noi italiani per primi. Pistorius diversi anni fa generò un grande dibattito perché voleva partecipare alle Olimpiadi. Noi italiani siamo stati in prima linea nella battaglia “umanitaria” che in realtà di umanitario non aveva un granchè, in quanto una giuria tecnica doveva semplicemente stabilire se quelle protesi facessero correre Pistorius nelle stesse condizioni di un atleta normodotato o se piuttosto non costituissero un vantaggio o comunque un supporto non consentito a termini di regolamento.
E non ci voleva un genio a capire che con quelle protesi Pistorius non doveva e non poteva competere con gli altri atleti olimpici, senza razzismi, o cause umanitarie, ma semplicemente su una base logica di equità di condizioni. Invece no: la Gazzetta dello Sport è stata in prima linea e si è fatta promotrice di una battaglia definita ideale, ma in realtà solo illogica, dato che di ideale non c’era niente e la questione era puramente tecnica. Poi i Negramaro hanno approfittato e hanno fatto un bel videino musicale con le immagini di Oscar Pistorius: quando manca la musica, ci si attacca un po’ a ogni strategia di marketing per vendere qualche disco.
Alla fine di tutta questa panna montata, con annessa pressione mediatica, Pistorius ha potuto competere per qualificarsi alle Olimpiadi, ribaltando i primi verdetti. Tuttavia per anni le sue prestazioni tra i normodotati sono state un fiasco totale, solo per Londra è riuscito a raggiungere tempi olimpici. Tuttavia anche quest’anno non era neanche lontanamente competitivo tra i normodotati. La fame di notorietà però era ampiamente rivelata. Uno infatti si aspetta che un casino del genere fosse basato almeno sul fatto che il sudafricano fosse in grado, non dico di giocarsi una medaglia, ma quasi. E invece il ragazzo di fatto è arrivato lì solo per la vetrina.
Archiviata una storia secondo me surreale, sulla quale solo noi italiani, popolo da lacrimuccia alla “C’è posta per te” e senza un granello di raziocinio, potevamo alzare vessilli, apprendo ora dell’ultimo atto, tra il comico e il surreale. Pistorius è andato alle Paralimpiadi, è arrivato secondo e se l’è presa con il suo avversario che ha le protesi troppo lunghe: “le sue protesi lo rendono troppo alto, non dovrebbe essere così, bisogna cambiare le regole”.
Insomma, Olimpiadi o Paralimpiadi, l’importante è che le regole mandino sempre in copertina Pistorius. E allora, al vincitore Alan Oliveira, disabile così come tutti gli altri atleti, oro paralimpico, facciamo i complimenti, non solo per la vittoria silenziosa, non solo per essersi impegnato con dignità come tutti gli altri atleti di questa bella competizione, ma anche per aver finalmente relegato Pistorius in un gradino più basso del podio.
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