Le crociate e la guerra santa islamica

cintucruGran parte di musulmani tendono a giustificare la guerra santa islamica come reazione alle crociate, ossia a quel movimento, promosso da Papa Urbano II all’inizio del secondo millennio, che indusse migliaia di cavalieri cattolici della nobiltà europea a partire per liberare il luoghi santi della Palestina occupati dai musulmani. Ritengo interessante, a questo proposito, ciò che ha scritto Ludovico Gatto, ordinario di storia medioevale presso la facoltà di scienze umanistiche dell’Università di Roma “La Sapienza”: “La Jihad islamica nonpuò essere correttamente definita guerra santa, a differenza delle crociate che, pur essendo guerre combattute nel nome della religione cristiana, avevano un obiettivo delimitato, la liberazione dei luoghi santi, e una durata limitata nel tempo. La Jihad islamica è invece un impegno e un dovere rigoroso ed implacabile dei musulmani per mantenere unita la comunità contro altri o contro un nemico esterno”. Una sorta di guerra permanente quindi contro tutti coloro che non sono musulmani ed in ogni luogo del mondo.

La Jihad islamica, osserva Gatto, a differenza delle crociate, non persegue un obiettivo immediato e circoscritto ma, mantenendo sempre vivi gli ideali religiosi di conquistare ad ogni costo nuovi adepti, promuove conflitti la cui durata non possiede una esatta scansione temporale.

Se dunque paragoniamo le crociate all’impietosa violenza rappresentata dalla Jihad islamica, le prime risultano essere, dal punto di vista strategico e concettuale, ben poca cosa.

Ai sostenitori della tesi secondo la quale la religione musulmana sarebbe portatrice di valori improntati all’amore ed alla pace universale, ricordo quanto dice il Corano nella sura II, 190-193: “Combattete sulla via di Dio coloro che vi combattono, ma non oltrepassate i limiti, che Dio non ama gli eccessi. Uccidete dunque chi vi combatte dovunque li troviate e scacciateli di dove hanno scacciato voi, combatteteli fino a che non vi sia più scandalo e la religione sia quella di Dio”. Alla luce di queste considerazioni e testimonianze, ritengo che la via maestra da seguire sia quella che conduce alla piena coesistenza, pacifica e libera, di tutte le religioni.

E’ necessario però, come ha fatto la religione cristiana, che si è liberata dalle scorie dell’intolleranza medioevale e del colonialismo religioso dei primi missionari, che anche la religione musulmana si riformi, sia in senso dottrinale che teologico.

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