La verità fa male

la-bocca-della-verita Oggi vorrei soffermarmi a riflettere su una cosa di cui si parla troppo poco: la verità..

Perchè osservando il comportamento degli individui, ho potuto accorgermi di come tutto sommato nella media siano ben disposti a scendere a patti con l’ipocrisia, tollerare qualche pugnalata nella schiena e poi dimenticarla se gli interessi suggeriscono rinnovate alleanze, sguazzare in ambiguità morali, ma trovino imperdonabilmente offensiva una sola cosa: la verità.

Nei gruppi, organizzazioni, società e nella vita, è facile che la verità conduca all’emarginazione più che una condotta moralmente discutibile, la quale in fondo appartiene all’uomo medio e pertanto va considerata un tratto dominante della specie. Basti pensare alle rivoluzioni scientifiche e ciò che hanno comportato, o a quelle morali, e alla fine che hanno fatto alcuni illustri rappresentanti, a partire da un certo Gesu’ di Nazareth.

Ma perchè la verità dà così fastidio? Perchè ci costringe a crescere e abbandonare lo stato di bambini. In fondo, che cosa distingue l’adulto dal bambino se non la capacità di uscire dal proprio mondo modellato secondo illusioni e desideri e accettare le cose per quelle che sono?

La verità purtroppo nella maggioranza dei casi è scomoda. Un amico una volta mi disse: in quel contesto sei stato messo un po’ ai margini perchè hai detto verità scomode. Non ‘cose’ scomode, ma verità.

In un centro di meditazione dove ho praticato in Inghilterra, campeggiava una insegna: la verità deve trionfare.

E nella meditazione si osserva la verità per quella che è e si comprende come sia scomoda, ma non vi si può sfuggire e la si impara ad accettare. Osservando il corpo si realizza che purtroppo la maggioranza delle sensazioni sono sgradevoli e che dunque la vita è dukkha, come il Buddha la definì, ora tradotto non del tutto correttamente come sofferenza.

Se ci pensate sentirsi dire che la vita è sofferenza già di per sè causa una reazione avversa, ed ecco il rifiuto e la negazione. E invece proprio nella capacità di osservare la verità per quella che è, anche se essa si rivela come dolore, sta la chiave della liberazione. “La verità vi renderà liberi”. Ma noi non vogliamo vederla, la combattiamo.

La verità è amara, ma in tutti i campi della vita è la medicina. Il più classico dei modelli di elaborazione del lutto prevede cinque fasi: negazione, rabbia, contrattazione, depressione, accettazione.

Che si tratti di aver perso il lavoro, qualcuno che si ama, essere stati lasciati, qualunque sia il caso, prima si giunge alla verità, prima si guarisce. Eppure c’à chi passa tutta la vita in uno stato di negazione, accanendosi verso il passato, facendo stalking ad una ex, provando a convincersi che le cose siano andate diversamente eccetera. Perchè la verità, come ogni medicina, nell’immediato fa più male. Spesso esaspera il sintomo, perchè lo fa venire pienamente a galla.

Del resto prendere coscienza di qualcosa rende quel qualcosa più visibile e più presente. Similmente nella meditazione, la concentrazione sul corpo fa emergere tutti i disagi e dolori che sono già registrati in esso, ma ad un livello incosciente: osservarli non li ha certo causati, li ha solo resi consapevoli e non si può sperare di guarire da qualcosa senza prima portarlo a galla nella coscienza.

Per questo chi sceglie di portare la verità spesso è emarginato più di coloro che portano falsità e scorrettezze con cui i più sembrano naturalmente a proprio agio, in attesa che le correnti cambino, per restituire il favore o magari dimenticare opportunisticamente quando ciò convenga, sempre con un falso sorriso sulle labbra.

Eppure, come stava scritto su quel centro di meditazione inglese: la verità– alla fine- deve trionfare.

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