Una cosa è certa. Dopo aver letto questo libro di Rachel Polonsky non si può pensare alla Russia come prima.
L’autrice vive a Cambridge, dove ha studiato ed è una collaboratrice delle più apprezzate riviste in lingua inglese. Decide un giorno di recarsi a Mosca- la Mosca di Putin- dove riesce a trovare alloggio nel famoso palazzo di via Granovskij n. 3, il luogo più prestigioso per l’élite del partito dopo il Cremlino. E proprio dove era vissuto a lungo Molotov.
A molti delle nuove generazioni questo nome dice poco; eppure egli fu per tutta l’era staliniana il numero due del partito.
Nell’ enorme appartamento, poi diviso, l’autrice trova una miniera di volumi interessanti per le sue ricerche e…una lanterna magica.
Prendendo spunto da quest’oggetto fascinoso, l’autrice ci conduce lungo le tracce infinite dell’anima russa dal Nord al Sud, dall’Est all’Ovest di questa immensa terra. Da Mosca si reca, con una amica, prima nelle fredde regioni del Nord polare, dove visita le città di cui nulla o quasi sappiamo e che si rivelano ricche di storia (tra cui Novgorod); poi all’Ovest intorno al Mar d’Azov e lungo il Don con la città di Rostov ai confini con il Kazakistan. E poi nella desolata Siberia, ai confini con la Mongolia, dove la complessa vicenda dell’invasione mongola segna il territorio di vicende infinite; dove finiscono per essere spediti i cosiddetti “dissidenti” delle purghe staliniane.
E infine di nuovo a Mosca.
Attraverso queste migliaia di chilometri, percorsi con spirito da vera eroina per le innumerevoli difficoltà d’ogni genere, la scrittrice ci mette dietro una lanterna magica e ci immerge in una serie di immagini di cui ci resta una stupefacente ricostruzione della realtà complessa che ne ha caratterizzato la storia.
Il filo conduttore è il personaggio di Molotov, forse il più cinico esecutore dei voleri di Stalin e delle luminose e progressive sorti del socialismo sovietico e il tramite attraverso cui provare l’orrore di una dittatura che già conoscevamo, ma che qui ,con una sensibilità femminile che ne caratterizza la scrittura, ci viene evidenziato dalle numerose notazioni di vita privata che ci vengono proposte dei gerarchi del regime e di cui Molotov appare il più degno rappresentante.
Ma il libro ci vuole narrare molto di più.
Si affacciano nel lungo racconto aspetti geografici, toponomastici, geologici, artistici, culturali, fisici, climatici, insomma tutto ciò che può aiutarci a comprendere più profondamente un territorio attraversato da una infinità di sfumature, dovute alla centralità della grande madre russa, in rapporto alla civiltà occidentale e a quella orientale.
Solo a leggere le dieci pagine di bibliografia e di personaggi e luoghi citati nel libro si può comprendere l’immenso lavoro di ricostruzione compiuto dall’autrice.
E non si tratta certo di un freddo catalogo per studiosi. Tutt’altro
Polonsky scrive con intenso sentimento della sua terra d’origine; ne evidenzia con passione e con penna ora pungente, ora ironica, ora addolorata, le sfaccettate vicende umane e geopolitiche.
Apre uno sguardo acuto sull’enorme contributo alle scienze e alle arti di questo paese e sulla sua anima più profonda e più nobile.
Su questo affresco cala inesorabile lo spirito distruttivo dell’era staliniana che si abbatte su tutto; che sacrifica e annienta migliaia di intelletti di grande valore e milioni di uomini al mito dell’uomo nuovo e dell’industrialismo a cui tutto viene sacrificato.
Pagine bellissime ci parlano di Dostoevskij, di Sacharov, di Cechov, di Pasternak, di Trockij, di Gramsci, di Achmatova, di Lysenko, di Mandel’stam, di Pavlov, di Rachmaninov…
E che dire delle grandi pennellate sulle città – in particolare su S Pietroburgo, su Mosca- e delle loro trasformazioni dal tempo degli zar a quello dei Soviet Soviet, e infine di Putin?
E che dire degli innumerevoli musei, piccoli e grandi, dei siti archeologici, delle grandi aree industriali o agricole; e delle architetture civili e delle chiese?
Eppure la grande bellezza del libro va oltre lo stupore permanente che le sue pagine ci fanno provare. Tutto infatti ci viene proposto con un intreccio magistrale tra passato e presente, dove l’uomo, con tutto il peso delle sue storie umili o eccezionali, illumina il quadro.
Notazioni folgoranti riescono a squarciare come fulmini accecanti i retroterra storico-culturali di questo grandioso affresco.Su Gorbacev, ad esempio “All’indomani di queste soireé, la custode mi ha raccontato che fra gli ospiti c’era anche lui; da parte sua, non sembrava particolarmente colpita dalla visita; come la maggior parte dei suoi coetanei, non provava la minima simpatia per colui che ha portato la democrazia in Russia e “svenduto” l’impero…”
L’epilogo chiude il libro con il ritorno a Mosca dell’autrice, che le consente di descrivere la città dell’era di Putin e lo squallore della nuova ricchezza che caratterizza l’epoca di quest’ultimo zar , e che sembra proseguire nell’opera di distruzione dell’anima più profonda di questa Russia che, come ho detto all’inizio, Polonsky ci fa non solo conoscere meglio, ma anche amare di più Non è poco.
“LA LANTERNA MAGICA” di Rachel Polonsky
Ed. Adelphi pag 399, euro
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