Sulla spiaggia ascoltavo le chiacchiere di un gruppo di persone che erano vicino a me. Parlavano di giovani e della difficoltà di trovare un lavoro. Fra le tante una storia, secondo me, vale la pena raccontarla. Uno studente universitario, scontento della materia che ha scelto, si trova un posto come rappresentante di una ditta che cerca commerciali per l’estero. Si butta e tutto fila liscio per 5 anni. Poi la ditta viene acquistata e le “forza commerciale” dirottata massimamente verso il mercato interno. A questo ragazzo tocca la provincia di Torino. Prospettive di tornare all’estero poche. Scontento, decide di seguire un corso per cuoco (tutto fuori dal suo settore), si applica e come prende uno straccio di attestato decide di buttarsi in una nuova avventura. Guarda su internet e vede che per il personale di cucina l’Australia non è male. Ma c‘è il problema del visto. Si informa e vede che se fa il bovaro per tre mesi in un’isoletta australiana poi può ottenere un visto di lavoro per 12 mesi. Detto fatto, parte e a va a fare il bovaro. Dopo tre mesi ha il visto e comincia a lavorare in cucina. È intraprendente, veloce, si fa notare, lo cercano per una mensa ministeriale. E lui cambia. Dopo un po’ gli dicono che hanno trovato personale per una paga oraria minore e se vuole rimanere deve tagliarsi lo stipendio. Saluta, ringrazia e si licenzia (venerdì). Il lunedì sera è in un altro posto e siccome è italiano, gli affidano il settore pizzeria. lui è piemontese e sugli agnolotti sa tutto, le pizze le ha solo mangiate. Ma non fa niente, se pizza deve essere, pizza sia. Scade il primo permesso di soggiorno di lavoro, bisogna rientrare e stare fuori un certo periodo, poi, se si ha un’altra offerta si rientra. Viene in Italia a salutare genitori e fratello e riparte. Ora finalmente ha un visto definitivo, si sta per sposare e tornerà per le vacanze per fare festa grande.
Il raccontino non è solo tanto per dire, ma per chiedere: un ragazzo con questo spirito di adattamento era il caso che se ne andasse? E poi, nel racconto ci sono tutte le caratteristiche del venditore nato (adattabilità, affidabilità, fermezza, modo di fare e tanta “confidenza” con la rete), eppure con un curriculum come quelli che si scrivono, come si faceva a capirlo? Alla fine abbiamo un cuoco italiano in Australia che finirà per comprarsi un ristorante e che (spero) farà fortuna. Noi abbiamo perso uno spirito intraprendente, flessibile e adattabile. Il futuro. Ma questo è già da decenni che lo stiamo perdendo.
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