Il futuro è l’evoluzione tecnologica

untitled Esiste nel mondo del lavoro e nel business un gap sempre più accentuato tra competenze reali e competenze di facciata.

 

Nelle corporation si esaminano ancora i curricula con i vari anni di esperienza in questa o quella funzione, in quel grado o ruolo, ma la realtà è che siamo in presenza di una netta biforcazione.

 

Da un lato vi è un mondo sempre più dominato dall’evoluzione scientifica e la tecnologia. Chi possiede quel tipo di sapere tende ad accrescerlo costantemente mentre chi ne è escluso, di fatto è un analfabeta digitale. Non importa che si tratti di segretario o vicepresidente, da un lato vi è il lavoratore che utilizza un programma ma non ne conosce il linguaggio e quindi subisce costantemente la tecnologia. Non sa come riparare il programma, non sa come evolverlo, non sa come renderlo più adatto al business che cambia. Solo chi conosce il ‘coding’ ha le chiavi e parla il linguaggio di quel programma.

 

Perciò da un lato troviamo le cosiddette lauree STEM, scienza, tecnologia, ingegneria e matematica. Chi si specializza in queste discipline crea un gap reale di conoscenza con gli altri perchè questo tipo di conoscenza richiede anni di studio e una volta applicata sul campo, a quella conoscenza se ne aggiunge altra che presuppone quella iniziale. Altre discipline manageriali o commerciali non richiedono invece conoscenza progressiva, magari abbracciano varie casistiche, ma non fondano una nozione sull’altra per livelli di complessità crescente.

 

Se infatti esaminiamo le funzioni di business, dal marketing alla comunicazione, alle operations, in realtà troviamo che – a parte i casi di abilità individuale o la capacità manageriale intesa come capacità interpersonale – la conoscenza tecnica reale non richiede certo cinque o dieci anni. Molti mestieri possono essere appresi letteralmente in pochi mesi, lo stesso non si può dire per la fisica o la biologia molecolare.

 

L’evoluzione tecnologica sta già mettendo a nudo questo gap tra le competenze di facciata e quelle reali. Mentre chi possiede la conoscenza tecnologica imperversa e crea la stragrande maggioranza delle start-up nonchè delle aziende di successo, chi ricopre gli altri ruoli si appoggia sempre di più a queste tecnologie, che si tratti di data analytics per il marketing, software per l’ottimizzazione nelle operations o logistica, o algoritmi nel trading e negli hedge funds, fino al punto che i lavoratori stessi verranno sostituiti del tutto dalla macchina, la quale con sufficienti dati è  anche in grado di prendere decisioni basate su algoritmi probabilistici.

 

E’ bizzarro come negli ambienti di business ci si rompa ancora la testa ad analizzare il modello di Amazon, o quello di Airbnb o Uber. E che si cerchi di imitare o capire dove stia la forza dell’idea, quando la forza sta al novanta per cento nella tecnologia, non nell’idea o modello di business. Non è che il modello Uber sia molto complesso o difficile da imitare, e Amazon è solo un grosso supermercato virtuale, ma serve gestire gigantesche masse di dati e per fare questo serve soprattutto assumere gli ingegneri migliori.

 

 

 

 

 

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