Uno dei costi occulti che il nostro Paese, quindi tutti noi, paghiamo è quello causato dalla fuga dei cervelli all’estero.
Con loro se ne vanno potenziali finanziamenti e le ricadute positive dovute a ciò che potrebbero realizzare nel campo della ricerca e dell’innovazione.
Le scoperte e i frutti del loro lavoro saranno sfruttati da altri, da Paesi capaci di mettere a disposizione infrastrutture per la ricerca per poi godere di quanto viene via, via individuato nei campi del progresso come nuova frontiera, come risposte a bisogni e priorità del presente.
Con loro se ne va anche quel pezzo importante di specifico culturale europeo di marca italiana che rappresenta ormai uno dei pochi argini all’egemonia sui mercati e nella geopolitica di nazioni che, come la Cina, sfruttano visioni ciniche e antidemocratiche del capitalismo e presentano numeri nella crescita che il vecchio continente e il mondo occidentale ormai nostalgicamente possono solo rimpiangere, come lontani ricordi di un’egemonia perduta.
La RENA è una Rete per l’eccellenza nazionale, un’associazione indipendente e plurale si legge nella sua presentazione -, animata da giovani che operano con merito nei diversi settori pubblici e privati, a livello locale, nazionale, europeo e internazionale, che vogliono fare dell’Italia un Paese aperto, responsabile, trasparente, equilibrato.
RENA è nata dal basso e non ha padrini o madrine. È non-partisan. Quando operano al suo interno o per conto di RENA, gli arenauti portano avanti opinioni libere da ogni vincolo di parte. È animata da giovani: ‘giovani’ si riferisce a una dimensione anzitutto culturale e non necessariamente anagrafica. Gli arenauti sono ventenni, trentenni e quarantenni curiosi e aperti al nuovo, disponibili al confronto, interessati al miglioramento continuo dell’ambiente in cui vivono e desiderosi di inquadrare il proprio percorso personale e professionale in un progetto più ampio di società . Mette insieme persone che lavorano con professionalità in mondi diversi, per fare in modo che le idee, le passioni e le competenze di ognuno incontrino quelle degli altri trasformandosi nell’ambizione comune di migliorare l’Italia.
Gli arenauti vivono e lavorano in Italia o all’estero, hanno maturato esperienze in diversi contesti culturali e ritengono che la mobilità sia un fattore essenziale per favorire la circolazione delle idee, il confronto tra progetti, l’incontro di interessi diversi. Sono studiosi che vogliono fare dell’Italia un Paese aperto, responsabile, trasparente ed equilibrato, ispirandosi a quattro valori: apertura, responsabilità , trasparenza, equilibrio (l’acronimo forma la parola “arte”).
Nel febbraio 2012 Rena organizzerà un incontro pubblico a Roma ove si discuterà di “uova d’oro e galline, di ricerca e cervelli”. Questo perché, ribadiamo, la fuga dei ricercatori italiani all’estero ha un costo, un costo molto alto. C’è chi ha fatto un calcolo abbastanza preciso, come l’Icom, Istituto per la Competitività , che presenterà a Roma la propria analisi. I motivi di quanto accade sono storicamente noti, ma vale la pena di riprendere le parole di Stefano Fedele, ricercatore allo University College of London e autore di un recente e provocatorio articolo sul Fatto quotidiano.
Secondo Fedele, “ogni volta che si parla di cervelli in fuga, di italiani che fanno rapidamente carriera nelle Università londinesi, ecco che spunta, immancabile, il commento del ‘realista-nazionalista’ di turno” che mira a demolire il fenomeno adducendo scricchiolanti argomentazioni come:
– La fuga di cervelli non esiste: si chiama “libera circolazione dei ricercatori” ed è parte del loro processo formativo.
– Se li assumono all’estero significa che l’Università italiana li ha formati bene. Viva l’Università italiana.
– Londra è troppo costosa, lo stipendio se ne va tutto in affitto e trasporti pubblici, quindi tanto vale restarsene in Italia.
– Scappare è da codardi.
Abbiamo bisogno che i nostri migliori talenti restino in Italia per contribuire al cambiamento. Non state sognando. Si sentono questi discorsi davvero. Fedele prende allora paradossalmente per buoni questi input, questo “inno al realismo, all’orgoglio di essere italiani, questo spronare i giovani all’impegno sociale e politico e prova a decidere di licenziarsi e a tornare in Italia.
ll suo Head of Department gli consiglia subito di mettere per iscritto i pro e i contro, una sorta di lista delle cose che ha avuto e ha tutt’ora lassù a Londra e di quelle che troverebbe in Italia. «Avere quella lista avanti agli occhi gli dicono ti aiuterà a scegliere». Lui svolge il compitino e alla fine ci sintetizza tre concetti fondamentali fra i tanti individuati.
1. Londra: l’annuncio del posto di ricercatore alla University College London era stato pubblicato sulle maggiori riviste internazionali del settore. Il concetto è: più ricercatori partecipano, più probabile che si trovi uno bravo. Magari il più bravo. Italia: quando si bandisce un concorso, si fa in modo che partecipi solo “chi deve vincere”. Gli altri vengono “gentilmente invitati” a ritirarsi.
2. Londra: Fedele fu selezionato unicamente sulla base del suo curriculum, le sue pubblicazioni ecc. Lo stesso dicasi per la promozione da ricercatore a professore associato. Italia: i concorsi universitari sono tradizionalmente pilotati, il trucco è la selezione di commissari compiacenti. La priorità è sistemare i figli, che sono piezz ‘e core, poi mogli e amanti, fedelissimi e protetti. I meriti scientifici o didattici sono un accessorio.
3. Londra: il sistema è tradizionalista, ma è costruito in modo tale da essere flessibile e supportare al proprio interno cambiamenti, anche rivoluzionari, spesso introdotti da giovani 30enni o 40enni.
Il primo ministro inglese ha 45 anni e molti professori universitari ne hanno meno di 40. Italia: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. L’età media dei politici e professori universitari si avvicina ai 60.
Il primo ministro italiano ( da poco dimesso) ne ha 75, non usa Internet e chiama Google “Gogol”. Non male come scenario, da mettersi le mani nei capelli a dir poco.
Ah, sapete quale decisione ha maturato Stefano Fedele?
Se ne resterà a Londra.
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