Fare ponti

ponti-migranti-genova Il Papa ama i ponti, ovvero l’unione e la solidarietà. Anche la UE li ama. Molti dei suoi stati membri, meno. Questo è lo stato dell’arte sull’immigrazione. Fiumi di gente, milioni oggi, qualche decina fra un po’. Scappano dalle guerre, quelle riconosciute e quelle non, scappano dalla brutalità dei governanti, dalla violenza di gruppi non al governo. Scappano dalla fame. O magari non scappano per mettere insieme i soldi che servono a far scappare i figli. Dategli torto, se potete. Impossibile. I ponti quindi ci vogliono. Ma i ponti sono biunivoci, ovvero funzionano in due direzioni. Quindi servono per scappare, ma devono anche servire per tornare. Chi, come l’Europa ha vissuto la brutalità di due guerre mondiali nel giro di venticinque anni, sa che scappare dagli orrori è un diritto, se si può. L’Europa però dovrebbe sapere che accollarsi decine di milioni di immigrati a tempo indeterminato, è uno sforzo insostenibile, soprattutto se alcuni, e non pochi, Stati membri, pare si siano dimenticati di quando da loro la gente scappava per venire in quella che allora era già Europa (Ungheria, Polonia, Romania), oppure di quando altri si facevano carico delle spese per la loro ricostruzione (Austria). L’Europa quindi fa bene a tirar dentro i disperati, ma dovrebbe preoccuparsi anche di cercare di dare una mano per mettere le cose a posto nei paesi dei migranti, perchè poi questi possano (e devono) tornarsene a casa, per ricostruire , come abbiamo fatto qui nei due dopoguerra. Questo deve fare l’Europa, se fosse veramente una confederazione di Stati, un ente non solo monetario, ma anche politico. Se non ci guadagnasse qualche europeo, che ha tutto l’interesse a sfruttare la fame, la povertà e la disperazione. Questo farebbe chi rispetta una morale e non ne ha due, come capita in queste lande di incapaci, in cui si va a guadagnare come politici di professione predicando SOLO l’odio e non cercando mai di dare una soluzione ad un problema. Ma questa è l’Europa che piace a troppi europei. Non a me.

 

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