Scrivere racconti brevi presume doti che neppure grandi scrittori a volte possiedono. Lo scrittore irlandese Desmond Hogan le possiede in misura eccellente. Hogan ha iniziato a scriverne dal lontano esordio nel 1974. Quest’ultimo suo lavoro “L’ultima volta” è stato pubblicato in Italia agli inizi di quest’anno e ne valeva davvero la pena. Si tratta di dieci racconti, tutti ambientati nella sua Irlanda, della quale tratteggia, attraverso i diversi personaggi delle storie che racconta, l’impasto poliedrico di terra di frontiere: religiose, etniche, isolane, climatiche.Si parla perlopiù di ragazzi e di giovani che attraversano momenti della loro vita che, pur nella apparente insignificanza degli eventi narrati, ne segnano definitivamente il destino e insieme marcano la specificità della loro terra. Come il cielo irrequieto che li sovrasta, essi vivono le rarefatte esperienze dello spirito nella piccola dimensione provinciale in cui vivono e a cui sono e restano legati anche quando cercano di allontanarsene; per esempio emigrando nella grande Londra.
Lo scrittore usa una lingua altrettanto rarefatta, ricca di pennellate poetiche e di non detti che riempiono di significati il poco detto. Tutti i protagonisti dei racconti appartengono alla categoria sociale degli ultimi, di cui l’autore descrive l’intrecciarsi delle loro vite con i grandi temi dell’amore e della politica in un territorio devastato per decenni dalla “resistenza” alla grande e proterva Inghilterra, e dal “terrorismo” che ne ha insanguinato le strade e le coscienze.
Hogan tuttavia non “chiude” mai la sua narrazione, lasciandosi continuamente in uno stato di sospensione che ci turba e ci obbliga alla riflessione a partire dalla scarna descrizione dei piccoli fatti narrati. Fatti narrati sempre attraverso una memoria che li ha distanziati dal tempo in cui essi si sono svolti. Magnifiche le fulminanti immagini sui cieli e sul paesaggio di una terra che sembra volersi far amare, a prescindere dalle crudeli e reiterate vicende di violenza e di lotte civili che v’accadono.
Nel racconto intitolato “L’ospite” alla protagonista, Moira, vengono ad un certo punto portati via i bambini dall’assistenza sociale “E in quel momento, scrive Hogan, che è crollata, assumendo l’aspetto di tutte le donne folli e visionarie d’Irlanda, donne che affermavano di aver visto Maria Goretti in lontanissime casette di campagna”.
Nel racconto intitolato “Il lutto del ladro” di uno dei personaggi, tornato nella sua terra per il Natale, scrive…”Eppure l’Irlanda, il Natale lo riportarono a qualcosa, tanto meno legato alla presenza della morte, quanto più alla vicinanza al lungomare, ai baccelli di laburno vuoti e ai biancospini spogli, piegati dall’inverno. Qui si sentiva i n pace con i pensieri, i pensieri su se stesso, sull’adolescenza.” Siamo di fronte ad una scrittura così densa e concentrata da costringere il lettore a ripercorrere tutti i passaggi logici che presuppongono questo amalgama stupefacente di sensazioni.
E così il saettante andirivieni dei pensieri fa da contrappunto alla imperturbabile desolazione del paesaggio. C’è, lungo tutto il percorso del libro, un mondo di solitudini che cercano l’incontro con gli altri e, proprio nel momento che sembra raggiunto o raggiungibile, tutto si disfa senza un perché Hogan è paragonato a volte al nostro Pasolini.
Ma la differenza dei contesti rende persuasivo questo confronto solo in quanto entrambi raccontano umili vite di umili persone.
Desmond Hogan L’ultima volta Ed.Playground,pag.134, euro 12
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