Nella Firenze del Quattrocento, uno dei momenti in cui la città era al massimo splendore economico, politico ed artistico, si è sviluppato il moderno sistema finanziario.L’interessante mostra di palazzo Strozzi si propone di documentare gli stretti rapporti fra i banchieri e l’arte fiorentina del tempo. La rassegna raduna dunque opere dello Scheggia, fratello del più celebre Masaccio, del Beato Angelico, di Hans Memling e di Sandro Botticelli, ma anche vari esempi del fiorino d’oro (coniato a Firenze nel 1252, che divenne presto la valuta preferita per gli scambi commerciali), nonché oggetti legati alla conservazione del denaro e del suo scambio: borse e borselli, scatole per documenti e forzieri, chiavi e lucchetti, lettere di cambio.Un’attenzione particolare è riservata all’opera del Botticelli, poiché la sua carriera pittorica è specchio della situazione culturale e politica del tempo.Da una prima produzione dedicata a dipinti sontuosi in cui compaiono figure sacre in eleganti abiti fiorentini, spesso impreziositi di foglia d’oro, Botticelli, passando per i grandiosi dipinti mitologici degli anni ottanta, ispirati al neoplatonismo dell’era di Lorenzo il Magnifico, giunse a dipingere, nel decennio successivo, immagini votive più concitate ed inquiete, in cui si avverte l’apertura dell’artista alle prediche moralizzatrici del frate Savonarola (cfr. la Calunnia degli Uffizi, 1497 circa).Nel quattrocento il denaro dei banchieri permise la bellezza delle arti evitando che i profitti fossero guardati di malocchio.Come essere buoni, guadagnare e non venire giudicati usurai?Cosimo de’ Medici lo chiese al papa Eugenio IV. La risposta fu: investire diecimila fiorini nel restauro del convento di San Marco. Da allora molte commissioni di opere d’arte religiose scaturirono dall’esigenza di espiare una possibile ‘colpa’. Poco dopo per i banchieri investire denaro nella Chiesa fu l’occasione per fare pubblico sfoggio di ricchezza e di buon gusto; patrocinare le arti divenne più interessante che fare la carità ai poveri.Cosimo fece restaurare il convento di San Marco, pretese che lo abitassero i domenicani, reputati i migliori per garantirgli, attraverso le loro preghiere, la salvezza eterna e lo fece abbellire con gli affreschi e le tele dello straordinario Beato Angelico.Grazie al suo intervento finanziario furono costruite chiese, cappelle, conventi e castelli, poi abbelliti di dipinti ed oggetti. Il suo successore, il nipote Lorenzo il Magnifico, concentrò la propria committenza, con l’eccezione della villa di Poggio a Caiano, verso i testi miniati, i dipinti e gli oggetti preziosiLorenzo, uomo simbolo di Firenze, si spense nella villa di Careggi nell’aprile del 1492, spianando la strada al successo del grande antagonista dei Medici, il ferrarese fra’ Girolamo Savonarola, predicatore instancabile contro il lusso e le vanità, persecutore degli ebrei considerati usurai, degli omosessuali e dei giocatori. Divenuto priore di San Marco nel 1491, il Savonarola iniziò a proporre una riforma dei costumi e delle arti, in chiave anti-pagana e anti-mondana, che avrebbe fatto di Firenze una nuova Gerusalemme.I suoi ‘fanciulli’, vestiti in abito bianco, con ghirlande in testa e croci rosse in mano, iniziarono a ricercare nelle case oggetti considerati strumenti del diavolo come carte da gioco, belletti, pitture e sculture ritenute lascive, per poi distruggerli nei celebri falò dei Carnevali del 1497 e del 1498, in cui finirono anche molte opere d’arte.Nel 1494 i Medici furono cacciati da Firenze, il 23 maggio del 1498 il corpo senza vita del Savonarola fu bruciato in piazza della Signoria. Fu la fine di quella splendida stagione culturale nata dall’intreccio creativo tra i banchieri, il potere politico e la società civile.Francesca BaldassariLa mostraDenaro e bellezza. I banchieri, Botticelli e il rogo delle vanità, a cura di Ludovica Sebregondi e Tim Parks, Firenze, Palazzo Strozzi, 17 settembre 2011-22 gennaio 2012, catalogo Giunti