Chat- controll

Fin dall’inizio della pandemia, ho riscontrato alcune analogie tra questo evento e l’attacco alle torri gemelle del 2001, per i cambiamenti che hanno innescato.

Il mondo per come lo conoscevamo cambiò una volta per tutte dopo gli attentati, e se prima si saliva su aerei circa come salire su un autobus, da quel momento in poi fummo sottoposti a scanner della retina, impronte digitali, un maggior tracciamento di ogni nostro spostamento, e soprattutto un accesso a volte indiscriminato (come testimoniato dal caso Snowden) a conversazioni private dei cittadini, il tutto anche dopo che la minaccia del terrorismo è scivolata fuori dalle prime pagine dei giornali e si è ridotta a una causa di morte tutto sommato modesta nel contesto globale.

A marzo 2020, sul Financial Times, lo scrittore best seller Yuval Noah Harari già denunciava il pericolo che, seguendo un percorso simile, anche una volta scemata la pandemia ci saremmo potuti ritrovare con quella che ha definito “sorveglianza sottopelle”.  Grazie alla raccolta di dati biometrici quali ad esempio la nostra temperatura corporea rilevata dagli scanner all’interno di centri commerciali installati per l’emergenza pandemica, insieme ai dati comportamentali che già quotidianamente consegniamo attraverso telefonini, carte di credito e altro, sarebbe possibile per le intelligenze artificiali comprendere, prevedere e dunque manipolare le nostre emozioni e per i governi di conoscerci meglio di quanto noi conosciamo noi stessi e le nostre reazioni.

In entrambe le emergenze, terroristica e sanitaria, si è sostanzialmente giustificato uno scambio in cui i cittadini erano chiamati a rinunciare alla privacy (e una fetta di libertà) in cambio della sicurezza.

Ma la cosa rischia di assumere riscontri leggermente sinistri, se si considera anche il seguente fatto. Mentre i giornali erano occupati da proteste relative al green pass, o in dibattiti sull’efficacia delle mascherine o dei vaccini, molto più sottotraccia passavano alcune leggi di portata storica che avrebbero meritato un dibattito pubblico e un coinvolgimento popolare di ben altra natura. E tanto per cambiare venivano fatte passare in quegli organi sovra-nazionali quali l’Unione Europea, nella quale l’esercizio di rappresentanza dei popoli appare ancora più teorico che pratico, e che pare piuttosto paracadutarci dall’alto leggi (e Premier non eletti) quando serve ad una agenda decisa altrove e poco discussa sui media nazionali.

Un esempio? Il 6 luglio 2021, la maggioranza dei membri del Parlamento Europeo ha adottato la legislazione sul controllo delle chat, detta “chatcontrol”. Con la motivazione, o forse dovremmo dire pretesto, del contrasto alla pedofilia, nonostante a livello pratico sia noto che questo tipo di sorveglianza generi più falsi positivi che non un contrasto efficace, tutti i provider di posta elettronica e messenger potranno preventivamente spiare le nostre conversazioni private. In sostanza si capovolgono i principi costituzionali italiani ed Europei: si intercetta per trovare indizi di reato, invece di investigare sulla base di indizi di reato stessi, ma di questo si è discusso ben poco sui media.

Mentre negli Stati Uniti questo controllo delle email e messaggi era già autorizzato dalle leggi, in Australia si è proceduto a sperimentare un controverso sistema di riconoscimento facciale, dove le persone in quarantena casalinga erano chiamate a inviare selfie alla polizia a quindici minuti da una richiesta, e se il software non avesse riconosciuto il viso, una volante si sarebbe recata all’indirizzo di domicilio. La polizia ha espresso interesse a utilizzare tale sistema anche in condizioni normali per il contrasto al crimine, in maniera non dissimile a quanto avviene in Cina, scatenando diverse polemiche tra i cittadini.

Non so come sarà il mondo post-pandemia, ma ogni volta che vedo un evento spettacolare e un grande dibattito sui giornali, e poi scopro che al contempo leggi davvero radicali vengono fatte passare senza copertura mediatica, mi sale un brivido lungo la schiena. Implementare un sistema che controlla ciò che dici in maniera privata, o dove ti trovi, e poi in modo algoritmico lo segnala come potenzialmente pericoloso, oggi per la pedofilia e domani chissà, magari per qualche pensiero politicamente sgradito, rischia di tradursi presto in autocensura da parte delle persone (e con il politically correct già siamo alla censura reciproca) su ciò che dicono, ed infine del pensiero stesso. E questo è ciò che spaventa di più, che progressivamente si limiti anche la libertà ultima: quella di pensare.

Per citare 1984 di George Orwell, un libro sempre utile da rileggere in tempi di grandi cambiamenti: “Potevano spiarti giorno e notte, ma se restavi in te potevi ancora metterli nel sacco. Con tutta la loro abilità non erano riusciti a scoprire il segreto per sapere che cosa stava pensando un altro essere umano”

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