A-social network, la macedonia omologante di FB & Co

social networkSempre più le persone utilizzano i social network per relazionarsi e, come accade per tutti gli strumenti, di questi potenti mezzi tecnologici si dovrebbe sempre fare un uso consapevole. Ciò però dipende dalla personale attrezzatura critica e dalla conoscenza tecnica di ognuno e le varianti sono quindi molte, da chi accede al web cogliendone le grandi opportunità fino a chi si può lasciare travolgere dagli aspetti più superficiali della rete rimanendone vittima. In quello che era stato il normale modo di relazionarsi con il prossimo che l’essere umano aveva sempre utilizzato, compresi i primi anni di esistenza di internet, giocava un ruolo sostanziale il rapporto diretto fra le persone.

Ogni individuo viveva momenti di conversazione, gioco, partecipazione civile, ritualità collettive simboliche, incontri a quattr’occhi e via dicendo collocandosi di volta in volta in contesti nei quali agiva una forte azione appunto di “individuazione” di sé, dell’altro da sé e dei contesti stessi. Ogni relazione umana si sviluppava cioè secondo forti caratterizzazioni che si determinavano da come di volta in volta intendevamo rapportarci al nostro o ai nostri interlocutori; ciò, guardandosi in faccia, toccandosi, condividendo spazi ampi o ristretti, sentendo i rispettivi odori, profumi, cogliendo attimo per attimo i segnali della comunicazione non verbale, selezionando esperienze e interlocutori, personalizzando così in definitiva l’originalità di ogni rapporto. Dall’intimità con il partner alla compagnia del muretto, dal comizio in piazza alla conversazione intensa in un salotto con pochi cari amici, le regole sociali, umane, l’evidenza e percepibilità della dimensione emotiva, degli stati d’animo, delle reazioni immediate e anche minimali alle dinamiche della comunicazione reciproca (tecnicamente intese) conferivano una gamma sconfinata di varianti alle opzioni possibili dell’interloquire, alla dislocazione e attribuzione dei ruoli, alla trasmissione e condivisione di culture e vissuti. In un social network, una persona che abbia poniamo trecento cosiddetti “amici” o più, cosa fa? “Posta”, ossia inserisce sulla rete commenti più o meno acuti, battute, esternazioni, riflessioni, su argomenti i più disparati, dalla gastronomia alle convinzioni politiche, dall’arte ai gusti sessuali su una “bacheca” visibile quanto meno a tutti i propri “amici”. Ma chi sono questi “amici”? Sono l’amico con la “A” maiuscola, quello con la “a” minuscola, il collega di lavoro, il conoscente, un negoziante che incontriamo due volte al mese, un cugino di un cognato della sorella di una condòmina che abbiamo conosciuto quella volta incrociandoci per la via davanti a una pizzeria da asporto, un tizio che abbiamo visto a malapena tre minuti un giorno facendo rifornimento all’auto e che ci ha “attaccato bottone” e chissà come ci ha beccati sul web, chiedendoci l’amicizia e forzando un po’ la nostra ritrosia che abbiamo messo da parte per mera buona educazione e via dicendo. Ma quella frase che scriveremo online stasera dopo aver visto perdere la nostra squadra del cuore, o per commentare la manovra bis, non la diremo in un momento di focalizzazione psichica su un certo tema che condividiamo con una determinata persona stimata, cui decidiamo di affidare il nostro pensiero, i nostri dubbi, le congetture, l’incertezza sul futuro o l’entusiasmo per un nuovo progetto; la scriveremo su una bacheca ove almeno trecento persone diverse, le suddette e chissà quante altre se non maneggiamo gli strumenti della privacy, la potranno leggere e giudicare, commentare, ignorare. Questo per certi versi funziona, per altrino. Essi potranno infatti farne un elemento di giudizio sulla nostra persona, attribuirci un loro schema valutativo senza che noi, salvo qualche eccezione, possiamo avere minimamente idea di quale opinione della frase in questione si faranno, cioè di noi. Questo non lo possiamo sapere, ma che non lo possiamo sapere lo sappiamo. Quindi, sapendo di trovarci in una situazione in cui è come parlare seduti in un’arena circolare nella quale ognuno ha il suo microfono, tutti sentono potenzialmente tutti gli altri qualsiasi cosa dicano, giocoforza assoggetteremo quel momento di espressione personale a delle prassi che devono sottostare alle regole che decideremo di darci, per apparire con un volto sociale che riteniamo possa essere accettabile a quel consesso demenziale, nel quale i nostri amici più cari sono mischiati ai datori di lavoro, alle amanti, ai quasi estranei, ai forse nemici, agli uffici di marketing pronti a carpirci i nostri gusti per far aprire nelle nostre pagine le pubblicità più mirate, ecc. Ci manifesteremo agli altri affetti da una variante di quella che a suo tempo, con il boom dei talkshow televisivi dagli anni Ottanta in avanti, noi avevamo soprannominato la “sindrome da Costanzo Show”, quella per cui avendo ormai alla televisione in così tanti accesso per il proprio quarto d’ora di celebrità , i più non trovavano di meglio che offrire di sé una posticcia forma di surrogata apparenza, causata dal fatto che ci si trovava sempre a parlare al cospetto di una telecamera e di una platea, con esiziali conseguenze sulla qualità del dibattere, quale che fosse l’argomento trattato. Anche quanto avviene sui social network comporta almeno in parte una clamorosa forma di omologazione dei rapporti umani che, non potendo in quel contesto basarsi su alcuni degli aspetti fondanti e propri della nostra specie, che è anche corporea, organica, sensoriale e tale è la sua psiche individuale e collettiva, si appiattiscono su una non meglio definita etichetta comportamentale che fa sembrare tutti dei bravi esemplari dell’era digitale: navigatori perfettini, banalmente alla ricerca di stupire senza troppo ferire, dove lo schiacciamento della vitalità e della biodiversità individuale fa sì che l’indole e l’originalità siano incasellate nella griglia prevista da chi quel luogo ha concepito, del quale detta le regole e dove, come qualcuno ricorda, se non stiamo pagando è semplicemente perché ci stanno vendendo come prodotti a qualcun altro.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.